Simone Pagano: l’arte della fotografia tra tradizione e innovazione
L’ articolo è a cura di Ilaria Solazzo
Simone Pagano è un fotografo e videomaker romano che ha saputo coniugare l’eredità familiare con le sfide della contemporaneità, creando un linguaggio visivo autentico e riconoscibile. Cresciuto in una famiglia di fotografi da generazioni, ha iniziato la sua carriera professionale nel 1997, passando dalle pellicole al digitale senza mai rinunciare ai principi della fotografia classica.
La sua formazione in grafica e progettazione multimediale, unita all’esperienza sul campo, gli ha permesso di sviluppare uno stile che va oltre la semplice tecnica. Per Simone, la fotografia è un mezzo di espressione e comunicazione emozionale, in cui la luce e i dettagli diventano elementi fondamentali per raccontare storie uniche.
Il suo studio, lo Studio Fotografico Pagano, offre una vasta gamma di servizi, tra cui matrimoni, eventi, reportage industriali, ritratti e still life. La qualità del servizio è testimoniata dalle numerose recensioni positive ricevute, che lodano la professionalità, la creatività e la capacità di mettere a proprio agio i clienti.
Simone ha collaborato con numerosi brand e realtà italiane, tra cui Adidas, Carpisa, Thermomix®, CNH Industrial, il gruppo Leonardo e la Banca di Credito Cooperativo, realizzando campagne pubblicitarie e contenuti visivi di alto livello. La sua attenzione ai dettagli e la capacità di raccontare storie attraverso le immagini lo rendono un punto di riferimento nel panorama fotografico italiano.
Oltre alla sua attività professionale, Simone è anche docente di fotografia e videografica all’Istituto Pantheon Design & Technology di Roma e Milano, dove trasmette la sua passione e le sue competenze alle nuove generazioni di creativi.
Simone Pagano rappresenta un esempio di come la tradizione possa incontrare l’innovazione, creando un linguaggio visivo personale e riconoscibile. La sua capacità di raccontare storie attraverso le immagini, unita alla sua professionalità e passione, lo rendono uno dei fotografi più apprezzati nel panorama italiano.
Intervista a Simone Pagano: “La fotografia è cambiata, ma resta sempre una questione di anima”
- Buon giorno Simone, partiamo dall’inizio: come è nato il tuo amore per la fotografia?
È una passione che ho ereditato. Sono nato in una famiglia di fotografi, quindi potrei dire che ho imparato a maneggiare una macchina fotografica prima ancora di scrivere bene il mio nome. Ma è stato crescendo che ho capito quanto la fotografia fosse più di una tradizione familiare: era il mio modo di raccontare, di osservare il mondo con attenzione.
- Negli ultimi decenni la fotografia è cambiata radicalmente. Tu hai vissuto in prima persona il passaggio dall’analogico al digitale. Cosa è rimasto e cosa, secondo te, si è perso per strada?
È cambiato tutto, ma in fondo non è cambiato niente. Mi spiego: la tecnologia ha trasformato gli strumenti e i processi. Oggi scattare, archiviare, modificare è molto più veloce. Ma il cuore della fotografia — cioè l’intuizione, l’occhio, l’empatia — quello no, non si può digitalizzare. Credo però che, con la facilità odierna, si sia un po’ persa la sacralità dello scatto. Una volta ogni click era pensato, meditato. Oggi si tende a scattare tanto, forse troppo, senza prendersi il tempo di sentire davvero il momento.
- Hai fotografato tantissime personalità del mondo dello spettacolo, della politica, dello sport. Ce ne racconti qualcuna?
Ho avuto la fortuna di fotografare volti molto noti, in contesti molto diversi. Ho lavorato con calciatori di Serie A, volti noti del TG e del giornalismo italiano, ma anche con premi Nobel, come Rita Levi Montalcini, e modelle internazionali che hanno calcato le passerelle più importanti. Ogni personaggio ha un suo ritmo, un suo linguaggio del corpo. Il mio compito è sempre stato quello di tirar fuori, attraverso l’immagine, qualcosa che vada oltre l’apparenza.
- E sul fronte aziendale? Collabori con diversi brand di fama mondiale.
Sì, negli anni ho costruito relazioni con molte realtà, italiane e internazionali. Ho lavorato per Adidas, per Carpisa, per Thermomix®, per CNH Industrial, per il gruppo Leonardo e per la Banca di Credito Cooperativo, solo per citarne alcune. Ogni azienda ha un’identità, e il mio lavoro è raccontarla visivamente. Non si tratta solo di belle immagini: si tratta di comunicare valori, emozioni, affidabilità.
- Quando lavori con una grande azienda o un volto famoso, ti senti più sotto pressione?
C’è sempre una responsabilità, ma non deve mai diventare un freno. Che io stia fotografando una coppia il giorno del loro matrimonio o una campagna pubblicitaria per un marchio globale, l’obiettivo è lo stesso: raccontare verità. E la verità richiede rispetto, attenzione e cura.
- Che rapporto hai con i social e con l’uso che si fa oggi della fotografia?
I social hanno dato a tutti l’opportunità di esprimersi, e questo è un bene. Ma hanno anche alimentato una certa superficialità visiva: tutto deve essere veloce, accattivante, immediato. Io continuo a credere nella forza dell’immagine che dura, che non ha bisogno di like per esistere.
- Guardando al futuro: dove va la fotografia secondo te?
Credo che torneremo — o forse stiamo già tornando — a dare valore alla qualità, alla ricerca dell’autenticità. Le persone stanno riscoprendo il valore di un ritratto fatto bene, di un’immagine che non sia solo “bella”, ma che comunichi davvero qualcosa. La tecnologia continuerà ad evolversi, certo, ma chi saprà usarla con intelligenza e sensibilità farà la differenza.
- Hai un consiglio per i giovani fotografi?
Studiate la luce, osservate i maestri, rispettate il tempo. E poi scattate. Ma solo quando siete davvero pronti a guardare, non solo a vedere.
È stato un piacere parlare con te, Simone. Grazie per aver condiviso con noi il tuo percorso e la tua visione così profonda della fotografia.
Grazie a te. È sempre bello poter raccontare il proprio lavoro con qualcuno che ascolta con attenzione.
In un mondo in cui ogni giorno scorrono milioni di immagini davanti ai nostri occhi, la fotografia di Simone Pagano ci ricorda che esiste ancora uno spazio per lo sguardo lento, per l’ascolto visivo, per l’immagine che non urla ma sussurra. In ogni suo scatto, c’è un frammento di tempo salvato dall’oblio, un istante che resiste al rumore del presente. La sua arte non è solo un esercizio di tecnica, ma un atto di resistenza poetica: raccontare l’essere umano, nella sua verità più semplice e luminosa. In un’epoca di filtri e finzioni, la fotografia di Pagano ci invita a tornare all’essenziale: la luce, l’attimo, l’anima.