
Dietro le Quinte dell’Editoria
Partiamo da Francoforte.
Iniziamo questo ciclo di interviste e articoli sui retroscena del mondo editoriale con, un amico, Giovanni Rodini. Vive e lavora a Francoforte, sede della più importante fiera internazionale del libro, e può guardare al mondo editoriale italiano da una prospettiva privilegiata.
Sono nato a San Paolo del Brasile, da padre italiano e madre colombiana. In Italia ho studiato da avvocato, poi a trentasei anni mi sono trasferito in Germania. Ora ho quarantasette anni e da diverso tempo, tra le altre cose, mi occupo di editoria. Durante la pandemia ho aperto la mia Lettera 52 Edizioni, una particolarità unica: una casa editrice italiana nel cuore d’Europa.
Con essa abbiamo pubblicato selezionatissimi titoli in italiano. Ora ho avviato collaborazioni con colleghi tedeschi e pubblichiamo sotto una nuova sigla, di cui controllo una quota. Mi occupo inoltre di valutare e suggerire autori sudamericani e italiani da presentare al mercato tedesco.
Vista la tua esperienza, quali differenze hai notato tra la situazione dell’editoria in Italia e quella in Germania?
Le case editrici sono fabbriche di carta e inchiostro, soggette a tutti gli adempimenti cui sottostanno tutte le altre aziende: bilanci, fatture, conti bancari ecc. Sono un’impalcatura sorretta da una matematica molto complessa.
Per aprire una casa editrice bastano pochi soldi ma già da subito se ne rischiano tanti. E’ un mercato estremamente competitivo.
In Italia gli ultimi dati ci raccontano di un paese che pullula di case editrici, soprattutto piccole, dove spesso si apre senza sapere dove si andrà a parare e si fallisce anche quando tutto è stato programmato nei minimi particolari.
Occorre avere un’idea solida di come funziona la filiera editoriale, di chi siano i suoi protagonisti e le sue comparse, dei tempi e degli investimenti necessari per poter andare a mercato e, quasi imprescindibile, occorre fare i conti con la rete e le sue piattaforme.
In conclusione, l’editoria italiana non se la passa benissimo, ma regge.
Funziona meglio e ha infinitamente meno difficoltà l’editoria tedesca. Non ci sono ricette segrete, ma in Germania hanno un ingrediente importantissimo che in Italia è il grande assente della filiera: il lettore.
I tedeschi leggono molto di più. Tu pensa questo: non c’è paese al mondo che si avvicini, nemmeno alla lontana, al numero di orchestre sinfoniche, teatri stabili e case della letteratura tedesche. Qui loro sanno dare valore alla cultura: arte, musica, cinema, letteratura e tutto quello che ti va di aggiungere.
In altre parole, mentre in Italia diamo alla letteratura, alla musica, al teatro e alla cultura in genere un valore di mero intrattenimento, un’opzione come un’altra per passare il nostro tempo libero, i tedeschi credono fermamente che la cultura sia un alimento indispensabile per tenere vivo l’uomo e creare ricchezza di pensiero critico, senso civico e coesione.
A questo aggiungi che l’area linguistica di riferimento è molto più ricca. Tra Germania, Austria e cantoni svizzeri di lingua tedesca, si hanno cento milioni di madrelingua e oltre trenta milioni di persone che considerano il tedesco la loro seconda lingua.
I tedeschi sono un popolo educato alla lettura, all’ascolto della musica classica, a frequentare abitualmente i musei e le biblioteche. Qui prima di pensarsi scrittori si leggono centinaia di titoli, si studia e ci si prepara a scrivere. Qui i cittadini leggono, sanno che non è facile convincere i loro editori con storielle, che non si deve per forza di cose diventare scrittori, che va benissimo e spesso è più gratificanti essere grandi lettori, frequentatori delle case di letteratura, critici e amanti delle lettere.
L’editoria tedesca ha più soldi di quella italiana. S’investe di più perché la richiesta di libri regge un’offerta più generosa e anche di maggior qualità. Questo non significa che la narrativa tedesca sia migliore di quella italiana. Diciamo che qui si può fare sperimentazione, ci sono nutrite avanguardie e c’è spazio anche per prendersi dei rischi che in Italia nessuno si può permettere. Quindi, sotto questo profilo, la produzione letteraria tedesca è molto più interessante di quella italiana.
In Italia, cosa dovrebbe pretendere un lettore da una casa editrice?
Ti rispondo con le parole di un gigante dell’editoria. Rispondendo alla tua stessa domanda, Roberto Calasso ha scritto: “Che l’editore provi piacere a leggere i libri che pubblica”.
Rosario Francese