11/11/2025
Diamanti: autore e personaggi, realtà e immaginazione, teatro e cinema nel nuovo film di Ferzan  Ozpetek
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Diamanti: autore e personaggi, realtà e immaginazione, teatro e cinema nel nuovo film di Ferzan  Ozpetek

Dic 27, 2024

Articolo a cura di Angela Di Salvo

Il quindicesimo film del regista turco “Diamanti, da qualche settimana richiama nelle sale un folto e curioso pubblico. Si presenta dotato di uno straordinario cast che ha tra le protagonista ben 18 attrici italiane: Luisa Ranieri e Jasmine Trinca, Sara Bosi, Loredana Cannata, Geppi Cucciari, Anna Ferzetti, Aurora Giovinazzo, Nicole Grimaudo, Geppy Cucciari, Sara Bossi, Vanessa Scalera, Milena Mancini, Paola Minaccioni, Elena Sofia Ricci, Lunetta Savino, Carla Signoris, Kasia Smutniak, Mara Venier, Giselda Volodi e Milena Vukotic, affiancate da Stefano Accorsi, Luca Barbarossa, Vinicio Marchioni, Valerio Morigi, Edoardo Purgatori e Carmine Recano.

Luisa Ranieri interpreta in modo magistrale Alberta, la figura centrale della pellicola,mentre Jasmine Trinca, nel ruolo della sorella di Alberta, Gabriella, offre una delle sue interpretazioni meglio riuscite, dimostrando ancora una volta la sua straordinaria capacità di entrare nei panni di personaggi complessi. 

La vicenda si svolge negli anni 70’ a Roma all’interno della sartoria Canova, specializzata nella realizzazione di costumi per il cinema e il teatro.

Gli spunti di riflessione presenti nel film sono tanti, forse troppi per essere colti nella loro complessità. Il regista ha voluto mettere tanta carne sul fuoco e forse non ha dato il tempo all’osservatore di poter metabolizzare o introiettare a pieno il senso dei molteplici messaggi.       

Le numerose recensioni sul film si sono concentrare sull’universo femminile che lavora nella sartoria: ogni donna ha una sua particolare condizione esistenziale, dalla violenza domestica alla solitudine, dall’ambizione all’insicurezza, dall’amore per i figli a quello per il lavoro, ma il filo rosso che le lega è una rara e profonda dimensione emotiva che le mette in una connessione fatta di complicità e di assenza di competizione professionale.  Una situazione certamente poco realistica, ma di impatto emotivo rassicurante. Questo aspetto è già stato messo in evidenza da altri critici e mi pare inutile scandagliarlo ulteriormente.

Però la vera novità di questo film, quella che forse è stata oscurata dall’altra evidenza molto più accentuata, è il richiamo pirandelliano al rapporto tra autore e personaggi; in “Diamanti” esso acquista una particolare e moderna originalità perché si trasforma in legame tra autore e persone le quali possono diventare personaggi solo a condizione che mantengano una dimensione emotiva così forte da abbattere del tutto il confine tra realtà e finzione. Ecco perché il film mi pare molto più vicino al mondo teatrale piuttosto che a quello cinematografico. Le scene sono quasi tutte girate al chiuso, nelle ampie stanze della sartoria dove i costumi esposti in bella vista rappresentano i fondamentali strumenti capaci di favorire quel “passaggio”  cui si accennava prima.

Sceneggiatura fra cinema e teatro

Le scenografie assomigliano molto, per colori e forma, a quelle presenti in molti spettacoli teatrali dell’epoca. Inoltre i personaggi dialogano continuamente, e non solo con le parole, ma con il linguaggio non verbale fatto di gesti, mimica facciale e lunghi silenzi dove trova spazio una stupenda colonna sonora che è a tutto tondo la colonna portante del film, parte integrante di quelle emozioni che vengono trasferite magicamente dagli attori al pubblico. Tuttavia questa contrapposizione fra teatro e cinema, portata avanti in modo palese fra le due attrici che esaltano la loro arte ritenendola superiore a quella dell’altra, alla fine si allenta quando riescono a comunicare, permettendo alle due forme artistiche di confluire l’una nell’altra, a fondersi e a riconoscere che esse sono complementari per far vibrare  i sentimenti, narrare le storie, costruire e smontare vite e relazioni, far emergere tormenti e ricordi repressi dal senso d’inadeguatezza e dall’incapacità di accettare il corso degli eventi. 

L’immagine finale in cui il regista ritorna nella sartoria per ripassare con l’immaginazione quanto accaduto, è l’evento che compie questa magica fusione fra il teatro e il cinema. L’inatteso incontro con l’attrice che non aveva potuto interpretare il ruolo che l’autore le aveva assegnato, riporta alla mente ancora una volta il pirandelliano valore del personaggio nato nell’immaginazione dall’autore, personaggio che continua ad esistere e a vivere nella sua fantasia , mantenendo il suo senso e un peso invisibile nella vicenda.

Le relazioni sono fatte di sogni,di fantasia,di immaginazione, di parole non dette, di azioni non fatte, di ricordi deformati dalle emozioni, di attese interminabili, di sentimenti che non muoiono mai, a dispetto del tempo e delle delusioni. E di questa dimensione invisibile, ma vitale e presente, il cinema non può non tenere conto.

La vita si apprende vivendola, sbagliando, cadendo,tornando indietro, venendo a conoscenza di fatti ed eventi al tempo ignoti, ma che poi cambiano la prospettiva del passato e del presente.

Il regista con la sua presenza partecipata nella pellicola ha voluto sottolineare che chi scrive la sceneggiatura di un film e sceglie gli attori per interpretare i suoi personaggi , non è solo colui che li guida e li dirige, ma diventa parte di essi evidenziando anche la dimensione dell’immortalità di quel film.

Una commedia, per restare viva, deve essere continuamente rappresentata, a un prodotto cinematografico basterà essere ben realizzato una sola volta per poter vivere in eterno.  E’ questa, secondo Ozpetek, la marcia in più del cinema.