
Il tema dell’esilio negli Autori tra Ottocento e Novecento
Articolo a cura di Lydia Salmeri
Il tema dell’ esilio è ricorrente negli scritti dei poeti tra Ottocento e Novecento. Nell’ Ottocento in pieno clima romantico l’ esperienza dell’esilio si intreccia alle lotte liberali e ai primi moti risorgimentali nei patrioti costretti a espatriare per sfuggire alle persecuzioni degli Austriaci.

Anche Ugo Foscolo in tante delle sue opere rappresentò la sua condizione di esule che da tempo si è allontanato dal suo luogo di nascita. La distanza e l’ impossibilità di rivedere la terra natale lo fanno soffermare sul ricordo della bellezza di Zacinto in A ZACINTO. E’ presente nel sonetto la nostalgia di una patria per sempre perduta che egli può raggiungere soltanto con l’immaginazione e la poesia. La vicenda personale dell’ autore assume pertanto una dimensione mitica che la proietta nel tempo. Il poeta non è soltanto un proscritto destinato a non fare ritorno, ma una proiezione dell’ eroe mitico Ulisse. Emerge in tutta la poesia l’ idea di rassegnazione al proprio destino da parte dell’ esule che è consapevole che morirà in terra straniera. La sua condizione di fuggiasco lo condanna ad errare senza approdo diversamente da Ulisse al quale il fato concesse il ritorno ad Itaca.
Se Foscolo si paragona ad Ulisse per contrasto onde sottolineare la sua drammatica condizione di distanza dalla patria nella quale sarà sempre impossibile ritornare, il confronto con l’ eroe greco in altri poeti come nel poeta triestino Umberto Saba è più diretto. Saba vuol apparire come un novello Ulisse che erra per mare senza meta per dare una risposta ai suoi interrogativi. Egli è infatti uno dei tanti autori che scelgono Ulisse (ULISSE, Il Canzoniere) come espressione dell’inquietudine esistenziale propria del secolo.

Ricordiamo anche il romanzo Ulisse dello scrittore irlandese James Joyce in cui all’ eroe classico si sostituisce l’ antieroe della realtà contemporanea perso nel labirinto della propria coscienza e della propria individualità. Il tema della lontananza e del vagare senza meta è presente anche nel CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE DELL’ASIA di Giacomo Leopardi. Il pastore, protagonista del Canto, osservando il cielo infinito chiede alla luna quale sia il senso della vita e dell’ universo, del loro peregrinare senza meta e senza sosta. L’impossibilità di avere una risposta certa porta alla constatazione dell’ infelice condizione umana che si manifesta attraverso il dolore e la sofferenza.

Il sentimento dell’ esclusione e del distacco dal mondo e dalla società contemporanea è svolto in forma metaforica ed esistenziale nella poesia L’ ALBATRO di Charles Baudelaire. Il poeta è paragonato all’albatro, uccello marino che viene qui descritto in modo antropomorfico ( re dell’ azzurro, principe delle nubi). Come l’albatro, il poeta, abituato alla solitudine dei vasti orizzonti, non è che un estraneo nella terra abitata da rozzi individui. Come l’ albatro possiede grandi ali, così il poeta ha le grandi ali della sua grandezza spirituale, delle sue capacità intellettuali, della sua sensibilità che gli permettono di volare nei cieli della poesia e dell’ ideale; una volta però che si mescola agli uomini comuni, proprio la sua superiorità spirituale lo rende inadatto alla vita pratica e lo trasforma in oggetto di derisione da parte della gente comune. L’ albatro è dunque il poeta stesso che vive in uno stato di perenne esilio, di diversità rispetto alla società di massa.

Il senso di solitudine e di lontananza dalla realtà circostante è presente anche nella poesia SAN MARTINO DEL CARSO di Giuseppe Ungaretti in cui viene rappresentato materialmente il paesaggio di morte del paese di San Martino ormai distrutto dalla guerra; ivi il poeta aveva tanti amici. Egli descrive il proprio stato d’ animo dominato dal senso di annientamento e dalla perdita di identità. Il motivo della separazione dal luogo al quale il poeta è legato, è trattato come perdita di ogni punto di riferimento che l’autore cerca di recuperare attraverso la poesia. Alla devastazione esteriore Ungaretti oppone allora la scrittura poetica con cui cerca di contenere il dramma del conflitto interiore.

La sofferenza dell’ esule condannato alla prigionia e all’ esilio per motivi politici è presente anche nella poesia I TUOI OCCHI del poeta turco Nazim Hikmut, che nel buio della prigione sospira la libertà perduta di cui gli occhi della donna amata sono un riflesso. La donna è qui il simbolo di quella gioia di vivere che al poeta appare per sempre preclusa. E’ una poesia intrisa da una forte carica emotiva e di patos che svelano i sentimenti piu’ nascosti del poeta. Sognando la donna Hikmut si protende nostalgicamente verso il mondo dell’ infanzia e di un paesaggio quasi mitico ma inesorabilmente perduto.