
Il tema dei “Vinti” e la questione sociale nelle opere di Giovanni Verga
Articolo a cura di Lydia Salmeri

Il tema sociale è sempre stato un tema ricorrente nell’ arte e nelle letterature di tutti i tempi perchè riflette le problematiche delle persone che lottano per il progresso umano e per quello socio-economico. Negli ultimi decenni dell’ Ottocento la diffusione in Italia della poetica naturalista francese e della mentalità positivista, aveva spinto gli intellettuali verso un’ analisi oggettiva e scientifica della realtà; essi sentirono pertanto il bisogno di conoscere in modo più approfondito la situazione reale del nuovo stato unitario per risolvere alcuni gravi problemi politici, primo fra tutti la questione meridionale. In tale contesto si inserisce il progetto narrativo di Giovanni Verga che mirava ad esaminare l’ intera società contemporanea attraverso lo studio progressivo di personaggi mossi da ambizioni e passioni sempre più complesse e artificiose. Caratteristiche dello scrittore siciliano sono la concezione negativa del progresso e la convinzione che non sia possibile eliminare le contradddizioni presenti all’ interno della società.

Al contrario di Zola che credeva nella funzione positiva della letteratura per risolvere i problemi della società contemporanea , Verga non crede alla sua utilità , animato com’è dalla sfiducia nell’agire umano e dalla fatalistica visione dell’ esistenza. Per analizzare i nessi di concatenazione che legano l’ uomo all’ ambiente, lo scrittore elabora la creazione di un ciclo di romanzi, I vinti, con cui avrebbe dovuto rappresentare gli effetti del progresso nei diversi strati sociali dai più bassi ai più elevati. Pubblicati nel 1881, I Malavoglia sono il primo romanzo del progettato “Ciclo dei vinti.” La vicenda dell’opera si basa sulla contrapposizione tra la nuova morale borghese del profitto che si è affermata anche ad Acitrezza, un paesino di contadini e pescatori della costa catanese e la “ religione della famiglia”, secondo i principi di cui è portavoce uno dei protagonisti del romanzo, il vecchio padron “Ntoni”.
La famiglia dei Malavoglia intorno alla quale ruota la vicenda narrata, è del tutto estranea alla mentalità che sta alla base del moderno progresso economico ed è destinata anzi ad esserne la vittima. Nel momento infatti in cui tenta di migliorare la propria situazione economica adottando uno stile di vita che non le appartiene, essa vede fallire le proprie iniziative come conseguenza dell’ essersi allontanata dai principi etici che avevano ispirato sempre la sua condotta. I Malavoglia narrano invero la storia di una famiglia di pescatori di Aci Trezza, i Toscano, soprannominati i Malavoglia. Essi sono considerati benestanti in quanto proprietari di una casa e di una barca. Il capofamiglia, padron ‘ Ntoni, decide di acquistare un carico di lupini e di venderlo in un porto vicino. La barca che trasporta il carico tuttavia, naufraga e nella disgrazia muore il figlio di padron ‘ Ntoni, Bastianazzo. Ad affrontare le tragiche conseguenze del naufragio restano l’ anziano capofamiglia insieme alla nuora e ai nipoti. Per pagare il debito dei lupini padron ‘ Ntoni è costretto a vendere la “ casa del nespolo”, ed è proprio con la perdita della casa, simbolo dell’ unità della famiglia e dei valori da essa rappresentati, che comincia la rovina stessa della famiglia. Luca, muore nella battaglia di Lissa del 1866; il giovane ‘ Ntoni cerca un miglioramento al di fuori del proprio mondo per reagire alla miseria, sicchè egli parte all’ avventura dandosi al contrabbando ma finisce in prigione; la sorella minore, Lia, spinta anche lei dal desiderio di cercare fortuna altrove, finisce con il prostituirsi nella vicina città gettando nel disonore l’ intera famiglia.
Solo l’ ultimo dei figli, Alessi riuscirà a resistere e alla fine riscatterà la “ casa del nespolo”. Come lo scrittore evidenzia nella prefazione del romanzo, il senso generale della vicenda è nell’ analisi di una sconfitta e nella rappresentazione di coloro che sono “vinti” dalle forze sociali del progresso. I Malavoglia rappresentano il romanzo della fedeltà alla società patriarcale che però va scomparendo come conseguenza delle nuove istanze della società borghese. Quando si viene meno a questa fedeltà, nascono le tragedie e le sconfitte sia individuali che sociali. In tale componimento narrativo in cui Verga rappresenta la lotta per la sopravvivenza, non è presente tuttavia una vera e propria protesta sociale quanto piuttosto la rassegnazione di fronte alle ingiustizie del sistema sociale. Lo scrittore non propone soluzioni politiche, ma si limita a fare un’analisi realistica dei principi del potere e della sofferenza dei più deboli, sicchè le istituzioni e il potere pubblico sono visti come indifferenti oppure ostili nei confronti delle classi più umili che essi non ambiscono a proteggere dalle ingiustizie.

Se ne I Malavoglia è presente la lotta per la sopravvivenza, nell’ altro romanzo appartenente al “ Ciclo dei vinti”, ovvero nel Mastro –don Gesualdo, affiora la difficoltà quando il protagonista tenta di migliorare la propria condizione sociale. L’opera ambientata in un centro agricolo della pianura di Catania, Vizzini, è incentrata sulla figura di un muratore, Gesualdo Motta che cerca con grandi sacrifici di accrescere il proprio patrimonio. Divenuto un ricco proprietario terriero e uomo d’ affari egli aspira ad elevare la propria condizione sociale sposando Bianca Trao che appartiene ad una famiglia nobile ma decaduta. Questo tuttavia provoca sia l’allontanamento dagli affetti familiari più profondi che l’ ostilità e la diffidenza della nobiltà locale che non riesce a dimenticare le sue umili origini. Il matrimonio con Bianca si rivela inoltre fallimentare a causa della diversa mentalità dei due coniugi. A questo si aggiunge il difficile rapporto tra Gesualdo e la figlia Isabella da cui non si sente amato. Ella sposerà in seguito il duca di Leyra, un nobile squattrinato che man mano distruggerà il patrimonio accumulato con tanta fatica dal suocero. Gesualdo ormai vedovo e malato, si stabilisce nel palazzo palermitano del genero dove morirà in solitudine e abbandonato da tutti, tra il disprezzo della servitù.
In quest’ opera Verga rappresenta un mondo caratterizzato da forti contraddizioni e da divisioni sociali insanabili che rendono vana qualsiasi speranza di progresso e di giustizia sociale. Lo scrittore descrive invero la borghesia imprenditoriale destinata ad affermarsi con successo sul piano economico ma caratterizzata da un atteggiamento ambivalente nei confronti del vecchio sistema latifondista che essa combatte ma di cui cerca al tempo stesso l’ approvazione. Nelle intenzioni di Verga il ciclo dei romanzi intitolato I vinti, avrebbe dovuto rappresentare gli effetti del progresso umano nei diversi strati sociali: contadini e pescatori ne I Malavoglia, la piccola borghesia provinciale nel Mastro-don-Gesualdo, la nobiltà cittadina in La duchessa di Leyra, il mondo del potere politico in L’ onorevole Scipioni, infine il mondo degli artisti in L’ uomo di lusso. Il ciclo, di fatto, non venne mai completato e solo i primi due romanzi furono portati a termine, mentre il terzo, La duchesssa di Leyra, fu solo iniziato.

La lotta per la sopravvivenza come scopo dell’ agire umano, è presente anche nelle novelle scritte da Verga, come per esempio in Rosso Malpelo che fa parte della raccolta Vita dei campi. Nella novella è presente l’ interesse economico che si impone perfino sugli affetti e i valori più autentici. Su tutto sembra infatti prevalere l’ egoismo e la logica del profitto che è alla base del comportamento umano; da ciò deriva la concezione pessimistica del progresso che fu propria dello scrittore. Nella novella il protagonista è un ragazzo, Malpelo, anch’ egli un “ vinto” che accetta con rassegnazione il proprio destino di emarginazione e di sfruttamento lavorando all’ interno di una miniera di zolfo siciliana. Egli è convinto che tale destino sia fatalisticamente una legge della natura alla quale è impossibile ribellarsi. Essendo cresciuto a calci, botte e umiliazioni, il ragazzo pensa che questo sia l’ unico modo per rapportarsi con gli altri. Di conseguenza diventa crudele con tutti, anche con le persone alle quali vuole bene come l’ amico Ranocchio. Malgrado sia cresciuto nel mondo della cava dove prevalgono le esigenze economiche e la forza, Malpelo è riuscito tuttavia a conservare alcuni valori autentici come la pietà filiale, l’amicizia, la solidarietà, un istintivo senso della giustizia.

Il racconto riflette invero le condizioni storico-culturali del tempo e le inchieste fatte in Sicilia dai parlamentari Franchetti e Sonnino che alla fine degli anni 80’ del Novecento riferirono delle pesanti condizioni di lavoro nelle miniere siciliane dove lavoravano centinaia di bambini gravemente oppressi dai loro padroni per mere ragioni economiche. La novella La roba tratta da Novelle rusticane, rappresenta il culmine del pessimismo sociale del nostro autore, convinto che solo le leggi economiche del profitto e dell’interesse siano alla base delle azioni umane. La vicenda del protagonista si inserisce nel generale fenomeno dell’ affermazione nel Mezzogiorno di una nuova classe di proprietari terrieri che si affiancano alla vecchia nobiltà locale nel possesso dei latifondi; per loro la ricchezza diviene strumento di affermazione sociale e di valore individuale. Il protagonista della novella, Mazzarò, è un uomo dominato dall’assurda ossessione di accumulare “ roba”, ovvero ricchezza materiale anche a costo di sacrificare a tale scopo la vita intera. Partendo dall’ essere un umile bracciante, egli è divenuto in questo modo proprietario di terreni appartenuti al suo antico padrone.
L’ accumulo di beni non risponde tuttavia a un bisogno di benessere ma appare come un valore assoluto. Pur essendo ormai ricco e potendo vivere agiatamente, Mazzarò si astiene dall’ usare i propri averi e continua a mangiare pane e formaggio e a lavorare l’ intera giornata proprio come quando non aveva nulla. All’ approssimarsi della morte egli è costretto a riconoscere l’ illogicità della sua vita; tuttavia si ribella di fronte alla necessità di separarsi dalla “ roba” e comincia a distruggere i propri beni affinchè possano condividere il suo destino. Mazzarò è pertanto un “ vinto” dal destino, costretto a riconoscere il proprio fallimento esistenziale. Diversamente dai protagonisti delle altre opere di Verga, si allontana da quei valori che coincidono con il soddisfacimento dei bisogni primari, la famiglia e la tradizione. Egli non fa altro che imporre la propria individualità valutandola in base alla ricchezza materiale che però di fronte alla morte, si rivela un ideale illusorio. Ancora una volta in questa novella appare lo scetticismo dello scrittore di fronte al “ progresso” sociale che in base alla situazione italiana della fine dell’ Ottocento, significava la trasformazione della società in senso capitalistico, il superamento del mondo agricolo e l’ affermazione dell’ etica del denaro.