
A Palermo arriva “Rosy”, una mostra collettiva tra radici culturali e nuove espressioni artistiche
“Rosy: Visioni e Versioni (Im)possibili” è una mostra collettiva ideata da “Artètika” e “AGS”, che celebra il 400° Festino di Santa Rosalia con una prospettiva innovativa e contemporanea. La mostra, inaugurata giovedì 11 luglio alle ore 18:00, a Palermo, presso la galleria “Artetìka – Spazio espositivo per l’anima,” in via Giorgio Castriota 15, da Antonino Margagliotta, professore di Composizione Architettonica e Urbana presso l’Università degli Studi di Palermo, sarà visitabile fino al 17 luglio.
L’elenco degli artisti
AGS | Oltre il velo, Anna Kennel | Viva Santa Rosalia, Antonino Margagliotta | Rosa Rosae, Fabio Mattaliano | Il silenzio delle rose – Salvonero Rebrirth, Francesco Lombardo | U triunfu, Gabriele Lombardo | La nuova peste, Kino Mistral | Rosalea tra le rose, Lapàrola | Rosalea vergine, Martina Billeci | Rosalia, Mattia Croce | 41 fogli, ,Nancy Trabona | Rusulia, Valerio Ganazzoli & Alessandro Guarino | Pharmacon.

La mostra
«Quattrocento anni dopo la salvifica processione che liberò la città di Palermo da un’epidemia di peste-spiega Massimiliano Reggiani, critico d’Arte-, la Galleria Artètika propone una mostra collettiva, ben lontana dai canoni formali ma strettamente legata alla religiosità dell’isola. La Santuzza, infatti, la nobile vergine che abbandonò nel basso medio evo la vita di corte per immergersi in una solitaria riflessione spirituale, nel fervore della sensibilità basiliana, continua a costruire l’identità del capoluogo siciliano. “Rosy” un tributo dell’arte contemporanea alla funzione del sacro, espressione non solo di devozione personale ma anche elemento propulsivo e rigenerante di un’intera società. È interessante vedere come il rito ecclesiale abbia veramente dato corpo ad un fenomeno nuovo, che va oltre l’aspetto meramente religioso, portando ad una riflessione sulla fragilità, sulla contrapposizione tra ordine e caos, fra degrado e speranza, sulla figura della donna come quintessenza d’amore che sa farsi carico di un dramma collettivo. Palermo vive in un eterno contrasto tra fasto e abbandono, energie creative e biechi interessi materiali: in questa danza di palazzi barocchi e urbanizzazioni selvagge, tra la raffinatezza di una cultura antica e blasonata e il reinventarsi continuo di chi è costretto a vive alla giornata. La figura di una donna che non è madre né prostituta, che dona il proprio tempo al bene comune pregando in solitudine sul Monte Pellegrino alimenta gli animi di chi si sente abbandonato e ha bisogno di una carezza, fatta di luce e promessa di pace. Ecco allora la Santa Patrona in nemmeno un millennio dalla sua breve esistenza fisica diventa faro di un potenziale riscatto individuale. “Rosy” è chiunque, è ovunque, non giudica ma aiuta, non regna sui corpi ma lenisce le ferite più profonde che non si ha nemmeno il coraggio di confessare. La peste, infatti, era come il cancro della modernità: colpisce senza distinzione, è subdolo e silente, scoppia all’improvviso divorando ogni energia vitale. “Rosy” combatte il male oscuro, qualunque esso sia, con la potenza della propria forza spirituale».

All’interno della mostra la figura di Santa Rosalia viene interpretata come una metafora della città di Palermo A spiegarlo, durante l’intervista, è Angelo Ganazzoli, di “AGS”, collaboratore della definizione e identità delle mostre realizzate da Artetìka:
“Rosy è metafora umanizzata della città di Palermo in dialogo aperto e confidenziale con la santa che, all’interno della mostra, viene rappresentata attraverso una visione dissacrata ma sicuramente non dissacrante. Con Rosy è possibile realizzare un colloquio diretto con i cittadini per affrontare le problematiche più evidenti della città, da quelle ambientali al rispetto per le donne…
Santa Rosalia, divenuta confidenzialmente per i palermitani Rosy, non solo è simbolo della città di Palermo nella sua contemporaneità, ma è anche una figura che intercede per cercare di affrontare le problematiche, le “nuove pesti” che affliggono la città”.
Le opere e gli autori
Le opere includono tele, installazioni, performance, video proiezioni, serigrafie, sculture e musiche. Gli artisti partecipanti affrontano la figura di Santa Rosalia utilizzando diversi linguaggi artistici.
Le parole di Massimiliano Reggiani, critico d’Arte.

“Nella mostra colpiscono alcune varianti, che esaltano aspetti complementari della Santa e della sua indubbia presenza emotiva. Diversi Autori ne hanno sottolineato la fragilità, quindi la purezza sacrificale che bilancia – anche se non toglie – i peccati dal mondo. Esemplare “La nuova peste” di Gabriele Lombardo che raccoglie gli scarti del fare artistico: dai cestini dell’Accademia viluppi di sacchi neri che serrano spatole e pennelli, solventi e colori, materiale ormai esausto che ha costruito la bellezza materiale. In solitudine, minimale ma intensa, una statuetta della Santuzza sovrasta il cumulo e apre lo sguardo verso un domani migliore, dove la spazzatura non sia degrado ma normalità fisiologica di una società viva e sana. Allo stesso modo “Rosalea vergine” di Lapàrola con i suoi colori squillanti e i richiami al folklore individua in ogni possibile emarginazione la voglia di un abbraccio, un segnale, anzi l’evidenza, della necessità di una nuova integrazione.

Le rose quasi inconsistenti, ridotte a luce e colore, sostengono per assurdo -nell’acquerello di Fabio Mattaliano – la pesante barca folle del tumulto urbano. Una Santuzza fatta di niente, nei fogli quadrettati di Mattia Croce e in quelli appesi di Francesco Lombardo. Eppure, nonostante l’inconsistenza della materia, il riconoscimento e il rispetto per il suo peso morale. Vi è lo sguardo scorato di chi, come nel “Trittico” di Antonino Margagliotta – professore di Composizione Architettonica e Urbana presso l’Università di Palermo – mette a contrasto l’evolvere disordinato della città con il nome benedetto, declinato alla latina e concluso col vezzeggiativo che dà il nome alla mostra. Per tecnica e intensità, all’interno comunque di quest’onda fatta da emozioni positive, spiccano due opere. La piccola e preziosa opera di Salvo Nero costruisce un corpo di donna impregnato di matura grazia e bellezza sulle bruciature della tavola che la sostiene: una sintesi dell’intero culto patronale, che dalla morte genera vita e soprattutto speranza. Per concludere “Rosalia” di Martina Billeci in cui la sensibilità individuale dell’Artista sente il dramma della santa eremita, gloriosa sì, ma al contempo sola e nuda fra le rocce, gli sterpi, l’ombra simbolica, la piovra tentacolare e quasi tentatrice per un ritorno al mondo acqueo delle origini. È uno splendido dipinto ad olio, potente ed espressionista, scultoreo e delicato. Uno slancio puro e generoso che l’Arte rivolge alla Santa, per accudirla e scaldarla, senza nulla chiedere: una preghiera laica e devota recitata dal profondo con i morbidi pennelli e i tubetti di colore“.
Conclusioni
Rosy una figura “in movimento” che apre alla speranza

«Addentrandoci nelle stanze adibite alla mostra, abbiamo avuto la sensazione di essere entrati in un luogo in cui è possibile “dialogare” con la santa e ragionare su alcuni aspetti della città contemporanea e sulle nuove pesti che affliggono la città stessa. A dialogare con i palermitani e a intercedere è Rosalia, attraverso diverse figure che la rappresentano e che rispecchiano l’iconografia tradizionale ma in maniera più intima e più confidenziale, più vicina all’interpretazione dell’artista e dei palermitani. Una Rosalia, quella degli artisti, che gioca con gli elementi tradizionali che la caratterizzano, offrendo, al tempo stesso, una visione diversa, più libera dalle convenzioni. Rosy, “metafora umanizzata della città”, non è la classica santa sul piedistallo da adorare, non è una figura statica ma in movimento su un “mare fatto di rose”, in ascolto e pronta a intercedere.
Tutto ciò che è esposto all’interno della mostra sembra concedere spazio alla speranza di un cambiamento per la città, di una svolta per intercessione di Rosy, che ha lasciato per un momento l’altare ed è arrivata all’interno di questo spazio. Rosy è pronta a offrire una immagine diversa, forse più umana e attenta a tendere l’orecchio e a mettersi in ascolto, senza pretendere di essere adorata ma capita nella sua umanità di donna e di confidente, di madre e di amica. Basta solo sapere cogliere un linguaggio che va al di là del sacro, diventando a tratti, se vogliamo, anche provocatorio ma mai dissacrante».
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