04/10/2025
Diogene di Sinope, Filosofo vagante e solitario
Rubriche Sentieri tra Logos e Parole

Diogene di Sinope, Filosofo vagante e solitario

Set 23, 2025

Articolo a cura di Vittorio Salmeri

Alla Scuola socratica dei Cinici appartiene Diogene di Sinope, un filosofo pochissimo conosciuto, che ci ha insegnato più di quanto si possa immaginare.

Visse Diogene ad Atene tra il III e il II secolo a.C; fu discepolo di Antistene, fondatore della scuola socratica dei cinici, così denominata perchè si trovava sulla piazza di Cinosarge, che significa “il cane agile”, da cui deriva appunto il nome di “cani” o “cinici” attribuito al gruppo dei filosofi di questa scuola. Diogene fu uno spregiudicato e coerente allievo di questa scuola, la sua vita vagante e solitaria fu una critica radicale e dissacrante contro il sistema di vita e la cultura del suo tempo.

Egli non risiedeva in un luogo particolare, né aveva un gruppo di discepoli intorno a se. Di lui non ci è pervenuto nessuno scritto, ma solo aneddoti molto fioriti.

Diogene rifiutava drasticamente le convenzioni e i tabù sessuali e alimentari, per esempio cibarsi di carni cotte; rifiutava la ricchezza, il potere e la gloria, valori che a quei tempi erano correnti.

Diogene dimorava in una botte. Era molto libero e disinvolto nel parlare: si racconta infatti che una volta, mentre prendeva il sole, essendo sopraggiunto Alessandro Magno, e poiché questo gli faceva ombra mentre prendeva il sole, alle parole ”chiedimi quel che vuoi”, rispose senza timore dei potenti, “lasciami il mio sole, scostasti un poco”.

Un’altra volta il Sovrano, per farsi gioco di lui, gli mandò un vassoio pieno di ossi e lui lo accettò e gli mandò a dire: “degno di un cane il cibo, ma indegno di un re il regalo”.

Secondo alcuni, fu il primo a raddoppiare il mantello per dormirci dentro, e portava una bisaccia in cui raccoglieva le cibarie.

D’estate si rotolava sulla sabbia ardente, d’inverno abbracciava le statue coperte di neve, volendo in ogni modo temprarsi alle difficoltà. Una volta vide un fanciullo che beveva nel cavo delle mani e gettò via dalla bisaccia la ciotola, dicendo: ”un fanciullo mi ha dato lezione di semplicità”. Buttò via anche il catino, avendo visto pure un fanciullo che, rotto il piatto, pose le lenticchie nella parte cava di un pezzo di pane.

Ecco come ragionava: ”tutto appartiene agli dei, i sapienti sono amici degli dei, i beni degli amici sono comuni. Perciò i sapienti posseggono ogni cosa”.

Se qualcuno vuol sapere il segreto per iniziare ad essere felici, intanto può prendere spunto dalla vita di questo filosofo: il poco che ti fa ricco, l’umiltà che ti fa grande e sapiente, il coraggio dell’ultimo che non ha paura dei Grandi.

Per ulteriori approfondimenti si consiglia “ Il Racconto della Filosofia di Vittorio Salmeri”

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