
Quando lo schermo diventa rifugio (e trappola)
Viviamo in una società che propone lo schermo come soluzione a ogni disagio. Bambini agitati? Dai loro il tablet. Figli annoiati al ristorante? Accendi il telefono. Ragazzi tristi? I videogiochi li distrarranno. Ma dietro questa abitudine moderna si nasconde una realtà molto più profonda e preoccupante.

Numerose analisi su bambini in età prescolare e scolare indicano un legame tra l’uso eccessivo degli schermi e un aumento significativo di problemi emotivi e comportamentali: ansia, depressione, iperattività, difficoltà di regolazione delle emozioni. In particolare, i bambini sotto i 2 anni sembrano essere i più vulnerabili. Ma anche quelli dai 6 ai 10 anni che superano le due ore al giorno di esposizione a schermi digitali evidenziano un rischio crescente.
Spesso si crede che lo schermo sia la causa dei disagi. In realtà, è anche il sintomo. Quando un bambino è in difficoltà, tende a rifugiarsi nel mondo virtuale, dove tutto è più controllabile. Questo però crea un circolo vizioso: più si affida allo schermo per trovare conforto, più si allontana dalle strategie reali di regolazione emotiva.
La tentazione per molti adulti è di usare gli schermi come strumenti di “calma immediata”. Ma questa abitudine può impedire ai bambini di imparare a gestire da soli le emozioni. Il rischio? Bambini che crescono senza strumenti interiori per affrontare la frustrazione, il disagio, il silenzio.
Affidarsi allo schermo per distrarre o intrattenere, anche solo per qualche minuto di tregua, può sembrare una soluzione innocente. Ma nel tempo, quel sollievo diventa dipendenza. I bambini non imparano a stare nella noia, nell’attesa, nell’emozione scomoda.

I videogiochi, spesso percepiti come un’alternativa socializzante, possono invece contribuire all’isolamento. Piattaforme online immersive e sempre attive spingono i bambini a connettersi costantemente, spesso a scapito di attività essenziali come dormire, studiare, parlare con i genitori.
Per questo è fondamentale che gli adulti vigilino sull’uso, non con la rigidità del controllo, ma con la cura di chi accompagna. È importante che i bambini non usino gli schermi per gestire ansia, solitudine o noia — e che imparino invece a trovare conforto nelle relazioni vere.
Impostare regole chiare e coerenti sul tempo e sul tipo di contenuti digitali è un atto d’amore. Gli strumenti di parental control sono utili, ma ancora di più lo sono il dialogo, la coerenza, e la capacità di dire “no” quando serve.
I bambini hanno bisogno di genitori che li guidino, non di amici che li assecondino. Dire “no” a un’ora in più di schermo significa dire “sì” alla loro salute mentale, alla qualità del sonno, all’autonomia emotiva.

Non si tratta solo di vietare. Si tratta di offrire alternative sane e divertenti. Un campeggio in famiglia, una serata giochi senza schermi, un progetto creativo da fare insieme. Anche accordi “simbolici” — come posticipare il primo smartphone in cambio di un regalo o un’esperienza speciale — possono funzionare, se ben spiegati e vissuti con allegria.
Il tempo davanti allo schermo può sembrare un’ancora di salvezza, ma rischia di diventare una prigione invisibile. Proteggere i bambini da un’esposizione eccessiva non è un gesto antiquato, ma un investimento sul loro futuro emotivo.
Non è facile. I capricci arriveranno, gli sbuffi anche. Ma a lungo termine, ciò che resterà sarà un figlio più forte, più sereno, più capace di affrontare la vita con occhi aperti… non solo con lo schermo acceso.