La mostra antologica dell’artista Togo presso Palazzo della Regione Lombardia a Milano
“La pittura di Togo trasforma ciò che vediamo in una vibrazione dello spirito, i colori diventano suoni, la realtà suggestione: ogni suo quadro è la traccia che il mondo fisico ha lasciato nell’universo silenzioso e intimo delle nostre emozioni”. ( Massimiliano Reggiani)
A Milano, Palazzo della Regione Lombardia ospita la mostra antologica dell’artista Togo
Lo “Spazio IsolaSET” di “Palazzo Lombardia” a Milano ospita due importanti mostre d’arte contemporanea dal 5 al 24 settembre, con opere di maestri di fama internazionale. La mostra “Dal diario italiano” vede protagonisti gli artisti Ivan Turetskyy e Milo Lombardo, uniti dal tema della pace espressa attraverso pittura e scultura. Parallelamente, la mostra “Togo, dipinti e incisioni 1964-2024” celebra la carriera di Enzo Migneco, meglio conosciuto come Togo. Attivo dal 1956, l’artista milanese pittore e incisore ama esprimersi attraverso cromie mediterranee e geometrie astratte in una sorta di neocubismo contemporaneo. Attivo da oltre 60 anni, l’artista è citato tra gli artisti presenti nel CAM.
Le mostre sono aperte al pubblico gratuitamente dal lunedì al venerdì, dalle 10:00 alle 19:00.
Un’occasione per immergersi nell’arte di maestri contemporanei e scoprire nuove prospettive artistiche. Ma scendiamo nei dettagli con un cenno biografico più approfondito su uno degli artisti in mostra che ha fatto della sua mediterraneità un elemento centrale della sua poetica:
Togo, è un artista italiano nato a Milano nel 1937. Durante l’infanzia, le vicissitudini della Seconda Guerra Mondiale e del dopoguerra lo portarono a trasferirsi a Messina, la città d’origine della sua famiglia, nel 1947. Messina, tra gli anni ’50’ e ˈ60ˈ, divenne un importante centro culturale, soprattutto grazie alla libreria “OSPE” e alla casa editrice “D’Anna”, di proprietà della famiglia del pittore futurista Giulio D’Anna. Tuttavia, nel 1962, Togo si trasferì a Milano, allora uno dei poli culturali più vivaci d’Europa, dove aprì il suo studio e iniziò una carriera artistica costellata da numerose mostre collettive e personali, che si sono susseguite fino ad oggi. Negli anni ’70, si avvicinò alla grafica, sviluppando una profonda passione per questa tecnica, tanto che il critico d’arte Raffaele De Grada gli offrì una cattedra di incisione presso l‘Accademia di Belle Arti Aldo Galli di Como. Da allora, la sua produzione artistica ha alternato grafica e pittura, attirando l’attenzione della critica e del pubblico.
Nonostante il suo radicamento a Milano, la Sicilia ha sempre mantenuto un ruolo centrale nella sua ispirazione, con mostre e opere che riflettono il legame profondo con la terra d’origine. La sua pittura ha origine da influenze realiste siciliane, ma presto si evolve in un’espressione stilistica personale che può essere descritta come un espressionismo luminoso, vicino ai principi del fauvismo. Le sue opere sono caratterizzate da colori accesi, liberi e vigorosi, che richiamano la luce calda e intensa del Sud Italia. Togo ha fatto della sua mediterraneità un elemento centrale della sua poetica: i suoi paesaggi evocano il calore, l’energia e la magia della Sicilia, trasmettendo una sensazione di accoglienza e intensità che rispecchia il carattere unico dell’isola. Tra le sue opere più recenti si possono citare:”Nostalgia-38” (2020): acrilico su cartoncino, 24×18 cm, “Paesaggio eoliano” (2021): olio e acrilico su tela, 60×80 cm, “Eclisse” (2022): olio e acrilico su tela, 60×80 cm. In queste opere, emerge il suo stile espressivo, dominato dalla luce e dal colore, che rappresentano una dichiarazione di appartenenza culturale e artistica al Mediterraneo.
L’artista Togo, con una disarmante semplicità e una piacevole ironia, ci racconta come è nata la sua passione per l’Arte e i fondamenti su cui si basa la sua mostra
«Il talento per il disegno si è sviluppato già durante il periodo della mia infanzia. L’ambientazione dei bar di Messina, con i loro avventori come soggetti dei miei ritratti e caricature, dipinge di per se una scena affascinante in cui, a quei tempi, i blocchetti per appunti sono diventati lo strumento attraverso cui affinai la mia mano catturando l’essenza dei volti in modo spontaneo permettendomi di esprimere una notevole sensibilità artistica. Questo periodo ha senza dubbio segnato le mie prime esperienze formative, facendomi capire la potenzialità della mia arte e il potere comunicativo del ritratto, che spesso riesce a cogliere aspetti profondi delle persone.
La mia esperienza a Messina e Milano è stata fortemente influenzata dall’incontro con artisti di grande calibro e dalla vivacità dei luoghi che ho frequentato. Nomi come Quasimodo, Sciascia, Fontana, Manzoni e Guttuso che conobbi personalmente, raccontano di un periodo d’oro per l’arte italiana, in cui la città era un vero crocevia di idee. Il salto a Milano nel 1962 è stato poi cruciale: qui mi sono immerso in un ambiente culturale esplosivo, pieno di innovazione e avanguardie. Frequentare il Bar “Jamaica” a Brera, vicino al mio studio sempre aperto, e il contatto con i pittori del gruppo CO.BR.A. ha segnato senza dubbio una fase di crescita e maturazione. L’influenza di artisti come Corneille è stata fondamentale per la mia evoluzione, liberandomi dalle restrizioni e portandoti verso una pittura più consapevole e aperta alle nuove correnti. Ho vissuto insomma una fase della storia dell’arte italiana davvero vivace, e il mio racconto come uomo e come artista rappresenta una preziosa testimonianza di quegli anni fertili e indimenticabili.
La mostra “Togo, dipinti e incisioni 1964-2024” riassume sessant’anni della mia attività come artista. Sono diventato incisore da autodidatta, legato alla dimensione alchemica del processo dell’incisione. Avere poi l’opportunità di insegnare calcografia all’ “’Accademia di Belle Arti Aldo Galli” di Como, con la presenza e l’affettuosa amicizia di Raffaele De Grada, è stata un’esperienza unica e arricchente. Cinque anni dedicati a condividere la mia passione e le mie competenze con gli studenti è stato un traguardo significativo. All’interno della mostra c’è tutta la mia concezione dell’artista e dell’Arte che deve esprimere un concetto di libertà di espressione attraverso un dialogo che comprende i valori e i segni di cui l’artista si fa portavoce. Mi viene in mente ad esempio Van Gogh che dipingeva le sue ossessioni cambiando così il volto dell’Arte, o Picasso che variava costantemente la maniera di dipingere. La pittura, per gli artisti, rappresenta una vera e propria esigenza interiore, un bisogno espressivo che va oltre la semplice creazione di un’immagine. È un linguaggio attraverso il quale manifestano il proprio mondo interiore, le emozioni, le idee, e le riflessioni sulla realtà. Un’espressione di qualcosa di più profondo, legato alla propria identità, al rapporto con l’ambiente circostante e con la natura. Per chi osserva, invece, il compito è più complesso di quanto possa sembrare: non si tratta semplicemente di guardare, ma di comprendere. Questo richiede tempo, pazienza e un approccio sensibile che permette di familiarizzare con il pensiero e l’opera dell’artista. C’è bisogno di un incontro tra l’intenzione dell’artista e la percezione dello spettatore, ma affinché questo avvenga chi osserva deve prima affinare la propria capacità di vedere oltre l’apparenza e di cogliere i dettagli significativi, sia formali che concettuali. È solo quando si riesce a entrare in sintonia con l’opera che si apre la possibilità di comprenderne davvero il significato. Un processo che, giustamente richiede una sensibilità speciale, un’apertura mentale e una predisposizione a lasciarsi coinvolgere emotivamente e intellettualmente dal linguaggio artistico.
La natura che dipingo, compreso il mare, il mio “liquido amniotico”, ha una forza sorprendente. Gli alberi le piante selvatiche, l’edera riescono a spaccare i muri delle case abbandonate lasciando i ruderi avvolti da questa forza incessante che li travolge. L’uomo sulla terra è un ospite gradito ma sta stravolgendo tutto il Pianeta che rischiamo irrimediabilmente di perdere. Un’allusione a questo aspetto tragico sono le mie opere che fanno parte del ciclo dei “lavori neri“, opere su carta di grande formato applicate su tela o tavola, che costituiscono un passaggio intermedio tra l’incisione e la successiva pittura. Mi sono accorto che a prevalere su una parte di queste opere è un colore più scuro che evidentemente allude a una minaccia: l’intervento devastante dell’uomo sulla natura. Anche le nuvole nere che ho dipinto su alcune tele alludono proprio a questo. Il terzo gruppo di opere comprende invece una serie di dipinti a olio e acrilico su tela realizzati negli ultimi cinque anni, caratterizzati dall’uso di colori chiari e dalla riscoperta della luce».
La pittura gioiosa di Togo per Carlo Vanoni è aperta a svariate letture
Nonostante i “lavori neri ”, infatti, “la pittura di Togo è gioiosa come lo è lui – spiega Carlo Vanoni-, sincera, pura, rispettosa, energica, aperta a svariate letture interpretative che vanno da quella più colta e accademica a quella infantile del bambino che gli chiede: “Perché nelle sue case non ci sono i tetti?”, a cui lui, sornione, risponde: “Perché nei miei quadri non piove mai”. Sì, nei quadri di Togo non piove mai. E questa mostra lo dimostra. C’è una coerenza stilistica che collega i primi lavori degli anni Sessanta agli ultimi eseguiti, cambia un po’ la tavolozza, certamente, ma l’imprinting è quello, già da subito, da quando Togo è ancora Enzo Migneco, il nipote di. Poi si parte. Si decolla. Si va. Da solo. Senza ascendenti prestigiosi, ma inevitabilmente costrittivi. Da qui il nome d’arte TOGO: to go, andare, in inglese. Andare per la propria strada lungo quella seconda parte di secolo che ha visto nascere Arte Povera e Transavanguardia, Nuovi-nuovi e Street Art, Pittura Analitica, Neo Astrattismo, Post Minimalismo e Post Concettuale. Etichette, generi, cambiamenti di clima a cui Togo, da persona curiosa e intelligente, ha prestato attenzione e mostrato rispetto (Togo è la persona più rispettosa che io abbia mai incontrato nella vita) senza mai cadere nella tentazione di allinearsi, e non per snobismo o diffidenza, ma proprio per una questione di coerenza. Con la propria storia, con le radici, ma anche e soprattutto con sé stesso. Nei suoi quadri non piove mai. Può accadere di tutto mentre lui è nel suo studio a dipingere, (il più caotico, il più disordinato, il più bello tra tutti quelli che ho visto), ma nulla lo distoglie: Togo sorride alle nuove generazioni e lascia loro porte e finestre aperte. E non importa se Milano a volte è grigia e molesta. Quel mondo lì, nella sua pittura non entra (…)” – conclude Vanoni.
Togo: la purezza e la semplicità di un bambino che è rimasto fedele a se stesso
L’Arte di Togo è tutto questo: una sintesi di esperienze vissute e raccontate con la purezza e la semplicità di un bambino che esplora il mondo e la natura con curiosità e meraviglia. Questa esplorazione è un gioco continuo in cui l’artista si diverte a scoprire nuove cose, mantenendo viva la capacità di stupirsi. La natura, che appare come una fonte di continua ispirazione, ha ancora molto da insegnarci, ma lo fa senza mai essere pesante o didattica. Invece, genera un flusso ininterrotto di idee e visioni che a volte portano alla perdita della realtà. Tuttavia, questo aspetto non sembra preoccupare l’artista- come lui stesso ci ha spiegato-, perché le creazioni che nascono dal caos, dove le proporzioni e il senso del reale si dissolvono, lasciano spazio a un universo di forme libere, senza “regole” e in continua evoluzione. Ciò che rimane sempre e comunque è la coerenza stilistica che collega tutto il lavoro dell’artista dai primi anni fino a oggi, un filo conduttore che è rimasto intatto nonostante i cambiamenti e l’evoluzione delle influenze artistiche. Del resto il nome d’arte TOGO, che simboleggia l’idea di andare avanti (to go), di esplorare il proprio cammino senza farsi influenzare dalle mode o dalle etichette, è una scelta che parla di indipendenza e autenticità. Attraverso decenni di cambiamenti Togo infatti ha sempre mantenuto la sua coerenza rimanendo fedele a se stesso e alla sua visione.
Per gentile concessione video di Marco Dentici
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