La galleria Artètika mette in mostra “Non ti ho mai amato”: personale di Antonietta Mazzamuto
“Non ti ho mai amato”, la natura tra bellezza e degrado: a Palermo, presso la galleria “Artètika”, in mostra gli acquerelli di Antonietta Mazzamuto
La mostra dal titolo “Non ti ho mai amato” dell’artista Antonietta Mazzamuto è stata inaugurata venerdì, 13 settembre, a Palermo, presso la galleria “Artètika, spazio espositivo per l’anima”, situata in via Giorgio Castriota 15. Questo evento rappresenta un’importante opportunità per scoprire il talento di Antonietta Mazzamuto, un’artista conosciuta per il suo approccio emotivo e intenso. La galleria “Artètika” è nota per ospitare esposizioni che esplorano profondamente la dimensione interiore, offrendo uno spazio dove l’arte diventa un mezzo per entrare in contatto con l’anima. La mostra, introdotta dall’avvocato Leonardo Di Franco, presidente dell’“Accademia di Belle Arti” di Palermo, presenta venti opere tra acrilici su tela, su carta e acquerelli. Sarà aperta al pubblico dal 14 al 26 settembre con i seguenti orari di visita: da lunedì a venerdì: dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 17:00 alle 20:00. Sabato dalle 10:00 alle 13:00.
Antonietta Mazzamuto è un’artista e restauratrice nata e residente a Palermo. Si è laureata nel 1976 in Storia dell’Arte con una tesi sullo scultore Mario Rutelli, sotto la guida di Maurizio Calvesi. Dopo la laurea, ha proseguito specializzandosi nel restauro di dipinti su diversi supporti, lavorando con un noto restauratore palermitano. Parallelamente, ha sviluppato la sua carriera artistica, iniziando a dipingere opere astratte e facendo una personale nel 1985, presso “L’isola di Marè”, a Palermo. Dopo un periodo di lavoro alla galleria Franca Prati ha interrotto temporaneamente l’attività artistica per motivi familiari, continuando però a dipingere privatamente. Nel frattempo, ha realizzato il suo sogno di aprire un negozio di antiquariato, “Piccolo e strano”, specializzato in bigiotteria d’epoca, che ha chiuso nel 1993 per motivi familiari. Nel 1996 ha co-fondato la galleria “Filidarte”, dove ha esposto opere di artisti locali e le proprie tele fino alla chiusura della galleria nel 1999. Una delle sue mostre più importanti si è tenuta nel 2004 presso l’”Orto Botanico” di Palermo, con il titolo “Tronchi rami fronde e leggende”, diretta dal prof. Franco Maria Raimondo, dedicata agli alberi della mitologia e delle religioni. Nel 2008 ha esposto a Modica con la mostra “Per terre e per mari sconosciuti”, ispirata al viaggio di Ulisse, e nel 2009 ha tenuto una personale a Cave, vicino Roma, a cura dell’“Università della Terza Età”. Ha partecipato a numerose collettive, sia in Italia che all’estero, e le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private. Dal 2015 fa parte del gruppo “SketchCrawl/Palermo”, derivato dal movimento mondiale “Urban Sketchers” originario di Seattle. Assieme ai suoi amici di pennello, l’artista studia il territorio di Palermo e provincia e le zone archeologiche di Solunto, Agrigento, Segesta e Selinunte.
Antonietta Mazzamuto e la sua passione per l’Arte
Antonietta, ci racconti un po’ della sua vita. Quando è nata la sua passione per l’Arte?
La mia vita è come un viaggio profondo nell’Arte, iniziato sin dall’infanzia con una spiccata abilità nel disegno a matita pur non avendo in famiglia nessuno con particolari doti artistiche. I miei genitori, consapevoli del mio talento, decisero di farmi seguire, all’età di 15 anni, lezioni private presso una giovane insegnante campana. Grazie a queste lezioni perfezionai la mia tecnica del disegno a matita, senza l’uso dei colori, affinando sempre di più il mio talento naturale. Dopo l’iscrizione alla Facoltà di Giurisprudenza, mi resi presto conto che non era la strada giusta per me. Così, decisi di seguire la mia vera passione iscrivendomi all’”Accademia di Belle Arti” di Palermo dopo avere superato tutte le difficoltà iniziali per accedervi. Tuttavia, dopo un periodo all’Accademia, decisi di cambiare nuovamente percorso iscrivendomi alla “Facoltà di Lettere Moderne”, dove conseguii la laurea con indirizzo storico-artistico. Non avendo una particolare inclinazione per l’insegnamento ascoltai il consiglio di mio padre e iniziai un’importante esperienza di apprendistato presso la bottega di un famoso antiquario, amico di famiglia. In questa bottega trascorsi un lungo periodo, imparando una tecnica di restauro diversa da quella museale. Nel restauro destinato agli antiquari, infatti, la pittura doveva essere perfettamente identica a quella originale, essendo destinata a un uso prevalentemente commerciale. Questa esperienza è stata fondamentale per la mia formazione artistica. Ho continuato poi a coltivare la mia passione per la pittura, partecipando a diverse mostre collettive, tra cui una organizzata dal movimento “Sketch Crawl/Palermo” a cui mi sono aggregata.
Può in brevemente illustrarci gli obiettivi del movimento “Sketch Crawl/Palermo” di cui fa parte?
l movimento degli “Urban Sketchers”, da cui deriva il gruppo “SketchCrawl/Palermo”, è nato negli Stati Uniti nel 2009, con lo scopo di diffondere la pratica del disegno sul posto, connettendo sketchers di tutto il mondo. Il fascino del movimento è determinato dalla sua capacità di combinare l’arte con l’esperienza diretta dell’ambiente circostante. Il fatto che gli artisti, amatoriali e professionisti, lavorino dal vivo, rappresentando ciò che vedono in tempo reale, è un approccio che celebra la spontaneità e l’autenticità del momento. Il gruppo “SketchCrawl/Palermo”, coordinato da Anna Cottone, sembra incarnare appieno questo spirito, riunendo persone di diverse professioni e background, unite dalla passione per il disegno e la narrazione visiva. L’idea di disegnare ciò che si vede durante momenti quotidiani – come è accaduto a me stessa, mentre attendevo la macchina fuori dalla concessionaria – mostra quanto il disegno dal vivo possa diventare parte integrante della vita di un’artista, trasformando ogni pausa in un’opportunità creativa. Non c’è bisogno di grandi eventi o soggetti complessi: anche una scena ordinaria può diventare fonte di ispirazione se osservata con l’occhio di uno sketcher. Inoltre, il coinvolgimento degli “Urban Sketchers” in progetti di recupero urbano e di sostegno alle comunità in difficoltà, come la raccolta fondi in caso di calamità naturali, dimostra come il disegno possa essere anche uno strumento di cambiamento sociale. Oltre ad esplorare la bellezza dei luoghi, questo movimento sembra essere un modo per creare connessioni tra le persone e per contribuire positivamente al mondo che li circonda.
Perchè “Non ti ho mai amato” per una mostra di dipinti di ecologia e natura
Il titolo della mostra è: “Non ti ho mai amato”. Quale significato è da attribuire a questa frase in relazione alla mostra stessa?
L’idea di questo titolo è nata dalle galleriste ed esprime, in maniera palese, il disinteresse dell’uomo per la natura che non ama e che troppo spesso maltratta.
La natura è la protagonista indiscussa dei suoi dipinti. Quale significato importante le attribuisce?
La natura, in tutte le sue forme, ispira un senso di meraviglia e rispetto che spesso ci spinge a meditare sull’esistenza di qualcosa di più grande, oltre la nostra comprensione umana. Il modo in cui cerco di descrivere questa esperienza richiama un senso di spiritualità che trascende le religioni tradizionali e invita a una connessione più intima con l’universo, percependo la natura come un’espressione divina, non necessariamente legata alla sfera cristiana. Attraverso l’arte, cerco di trasmettere questa visione invitando gli spettatori a guardare oltre l’apparenza materiale delle cose, per cogliere una dimensione più profonda e sacra della realtà. È un invito non solo a contemplare, ma anche a riconoscere la natura come un mezzo attraverso il quale si manifesta qualcosa di ineffabile. Credo che il mio approccio possa avere un potenziale immenso per evocare una riflessione più profonda sulla relazione tra l’umanità e il mondo naturale, e su come questa relazione possa essere spiritualmente significativa.
Al di là della sacralità della natura, i suoi acquerelli evidenziano altri aspetti meno belli ma altrettanto importanti e con un significato universale. Potrebbe illustrarceli?
La mia arte cerca anche di evocare una riflessione profonda sull’equilibrio fragile tra la bellezza intrinseca della natura e l’intervento distruttivo dell’uomo. Attraverso i miei acquerelli cerco di catturare l’essenza di questo dualismo: da un lato, l’incanto del mondo naturale – rappresentato dal ficus monumentale di Piazza Marina, dal bosco – dall’altro, il disincanto causato dall’inquinamento determinato dalla presenza di plastica nei mari, dal fumo delle fabbriche, alludendo anche a problematiche più universali che riguardano il nostro Pianeta: la deforestazione selvaggia in Amazzonia, l’allevamento intensivo, la cementificazione…
C’è un messaggio in particolare che vorrebbe donare al pubblico presente durante il periodo della mostra?
l messaggio centrale è racchiuso nel quadro più grande “Madre Natura” in cui si può chiaramente leggere una frase attribuita a Toro Seduto, capo della tribù Sioux Hunkpapa, La frase ci invita a riflettere profondamente sul rapporto distruttivo tra l’uomo e la natura.: “Quando l’ultimo albero sarà abbattuto, l’ultimo pesce mangiato e l’ultimo fiume avvelenato, vi renderete conto che non si può mangiare il denaro“. La saggezza dei nativi americani, che consideravano la natura sacra e vivevano in armonia con essa, ci avverte delle conseguenze devastanti dello sfruttamento incontrollato delle risorse naturali. Il richiamo è più che mai attuale, soprattutto in un’epoca in cui la crisi ambientale è una delle maggiori sfide per l’umanità. Questa frase ci invita a riconsiderare il nostro modo di vivere e il valore della natura, che non può essere sostituito o comprato con denaro.
Secondo ciò che ha appena detto nei suoi quadri sembra emergere una chiara volontà di denuncia e, insieme, un invito esplicito a salvaguardare di più la natura e l’ambiente. E’ d’accordo con questa affermazione?
Direi di sì… le mie opere potrebbero indurre il pubblico a riflettere sulla situazione critica che il nostro pianeta sta affrontando a causa delle devastanti attività umane. Non siamo ancora arrivati a un punto di non ritorno, ma siamo sulla strada che potrà condurci a questo. La scelta tra “paradiso e “inferno” è ancora possibile, ma se l’uomo non cambia il proprio rapporto con la Terra, potrebbe essere troppo tardi. E’ necessario un cambiamento radicale e urgente. Questo tipo di riflessione può ispirare le persone a prendere consapevolezza e ad agire, cercando soluzioni sostenibili per proteggere l’ambiente e prevenire una catastrofe ecologica. Il mio intento è quello di condurci a una riflessione sul nostro impatto nel pianeta, un invito a proteggere ciò che rimane della madre Terra. prima che sia irreparabilmente distrutta. Il mio vuole essere, però, anche un messaggio di speranza di responsabilità collettiva che, se accolto, può portare a un futuro migliore per il pianeta.
Cosa è rimasto oggi della madre Terra ?
La Terra, che nella tradizione biblica è il “paradiso terrestre”, è diventata oggi una risorsa da sfruttare incessantemente per il guadagno personale, senza riguardo per i danni ambientali irreversibili che si stanno accumulando. Questo sfruttamento si manifesta attraverso il disboscamento, la cementificazione e l’estrazione di risorse come il petrolio, il cui uso massiccio ha conseguenze devastanti, tra cui l’inquinamento dell’aria e il cambiamento climatico. La mostra dunque ha lo scopo di sensibilizzare gli spettatori su questa dicotomia tra ciò che la Terra ancora rappresenta — un luogo di bellezza incontaminata, come il mare, i boschi e i paesaggi idilliaci — e il degrado in cui rischia di sprofondare a causa delle azioni umane a cui accennavo prima.
Non ci sono figure umane in questi dipinti Come mai?
Non c’è un particolare motivo. La natura mi appaga e mi riconcilia con il mondo. Non ho dipinto l’uomo probabilmente per una mia personale propensione nei confronti della natura che ha su di me un effetto benefico e rilassante
Massimiliano Reggiani, critico d’arte: “L’Arte per lei è una necessità nella relazione con il mondo“
«Per comprendere appieno l’Arte solo in apparenza gentile di Antonietta Mazzamuto occorre guardare prima alla sua complessa e articolata esperienza di vita. La pittrice palermitana, infatti, non dipinge per il gusto di copiare, di raffigurare, di raccontarsi, d’inventare qualcosa d’accattivante o semplicemente bello. L’Arte per lei è una necessità nella relazione con il mondo, è la traccia cromatica d’un percorso di conoscenza, il linguaggio parlato attraverso i pigmenti con cui esprimere la propria idea del mondo e della modernità, con cui dare un giudizio severo di valori, di meriti ma soprattutto di demeriti e capricciose follie. Antonietta Mazzamuto si laurea nella propria città in Storia dell’Arte guardando contemporaneamente alle proprie radici espanse però nella cultura più alta, quella dell’identità nazionale e della grande ricerca accademica. Scrive una tesi sullo scultore Mario Rutelli che nacque sì a Palermo ma lasciò memorabili opere nella Capitale, dal monumento sul Gianicolo per ricordare Anita Garibaldi ad un’allegoria bronzea sul Vittoriano. Fu il professore Maurizio Calvesi a seguirla nella ricerca, nel suo ultimo anno di docenza siciliana, prima di ricoprire la Cattedra di Storia dell’Arte alla Sapienza di Roma. La vita dell’Artista si arricchisce procedendo quasi nascosta in una lenta e profonda riflessione, accanto alla normale quotidianità di professioni sempre strettamente legate all’arte, alla cultura e alla memoria. Dall’esperienza di restauratrice, alla collaborazione con la gallerista Franca Prati, nell’iconica sede di Via Quintino Sella, nella Palermo opulenta di fine Ottocento. Sino ai giorni d’oggi che vedono Antonietta Mazzamuto legarsi, dal 2015, al movimento degli “Urban Sketchers”: una rete globale di appassionati e cultori dello schizzo urbano consolidati attorno alla figura trascinante dell’illustratore e giornalista Gabriel Campanario, artista e blogger del Seattle Times.
“Non ti ho mai amato”, alla Galleria “Artètika” di Palermo, va quindi considerata e compresa attraverso questa sensibilità poliedrica e culturalmente profonda. Antonietta Mazzamuto la presenta così, in poche ma intense battute: “In questa mostra si pone l’accento su come ancora è la Madre Terra, con le sue bellezze e gli angoli di paradiso, ma si parla anche dei disastri, a volte irreversibili, generati dalla follia umana. A che servono gli incendi estivi scatenati dai piromani che osannano le fiamme divoratrici? In queste tele troviamo la nostalgia di una terra avita che l’artista non possiede più, il mare che circonda la Sicilia, un raggio di sole che squarcia l’ombra di un bosco, un angolo selvaggio con l’acqua che ruscella tra le rocce. Vediamo l’aria inquinata dalle ciminiere, talmente densa da togliere il respiro di chi guarda, la plastica fluttuante nelle acque marine, che pare sbeffeggi lo spettatore… Questo è il grido d’allarme lanciato attraverso l’Arte: da un lato abbiamo il paradiso, dall’altro l’inferno da cui potremmo non uscire più e che ci divorerà”. L’aspetto più affascinante della mostra è l’uso volontario di un linguaggio tardo Romantico, adatto ai taccuini di viaggio dei tanti aristocratici e uomini di cultura che esploravano – partendo dalle grandi corti settecentesche – le vestigia di antiche civiltà e l’impeto della Natura, annotati con scrupolo nei mirabilia dei secoli passati. Il tocco del suo pennello è rapido e minuzioso, il soggetto quasi sempre centrale adagiato con grazia sulle diagonali della composizione. Il fondo, che sia carta o pittura, lascia sempre grande spazio alla luce, al candore intrinseco del foglio mentale su cui lo Sketcher annota le proprie osservazioni. In apparenza gentile – come ho scritto in apertura – l’arte di Antonietta Mazzamuto esprime -attraverso un linguaggio nato per annotare ed eternare il bello, lo spettacolare, il meraviglioso – la realtà disastrata dell’Antropocene ormai maturo e quasi prossimo al collasso. Al primo sguardo tutto esprime serena dolcezza poi ci si accorge che spesso sono plastica, fumo, esalazioni, sacco edilizio e cementificazione selvaggia ad essere i protagonisti veri del nostro panorama. Al contrario dell’Espressionismo l’Arte di Antonietta Mazzamuto non sconvolge ma attrae, cattura lo sguardo e ci obbliga impietosamente ad osservare il presente. Smaschera così l’ipocrisia di una società che crea il brutto per esprimere il disagio, senza poi curarsi di medicare il pianeta ormai ferito. Racconta la tragedia attraverso una delicata bellezza, che rende ancora più commovente il lamento della madre Terra, mai veramente amata dai propri figli ingrati ebbri di consumo e agghindati di modernità».
Le parole della gallerista Esmeralda Magistrelli, curatrice della mostra “Non ti ho mai amato”
«La mostra “Non ti ho mai amato” dell’artista Antonietta Mazzamuto verte su un tema a me particolarmente caro legato alla presenza della natura, del paesaggio. E’ sorprendente il modo in cui l’arte può esprimere concetti complessi attraverso immagini sottili e non necessariamente di grande impatto visivo. La mostra “Non ti ho mai amato” infatti si concentra sul rapporto tra l’uomo e la natura, con un’attenzione particolare alla delicatezza visiva ma anche all’impatto più profondo e simbolico di elementi come le pale eoliche nel paesaggio, raffigurate in uno dei quadri più significativi che riassume il senso di tutte le opere in mostra dell’artista. Il contrasto è tra la leggerezza visiva e il devastante impatto ambientale o estetico che può cogliere chi osserva con attenzione. Si tratta di un approccio raffinato, che richiede sensibilità da parte dello spettatore per riuscire a cogliere il messaggio più profondo.
Inoltre, l’accoglienza e la valorizzazione specie delle artiste donne nella mia galleria è sempre stata una priorità, insieme alla mia dedizione all’inclusività e all’arte come mezzo di espressione personale e collettiva».
Il messaggio è chiaro: l’umanità si trova a un bivio,
Osservando le opere esposte, il tema che l’artista porta avanti nella mostra “Non ti ho mai amato” sembra evidenziare, in effetti, un forte contrasto tra la bellezza della natura incontaminata e il degrado causato dall’azione umana. Il messaggio è chiaro: l’umanità si trova a un bivio, con la possibilità di scegliere se proteggere il pianeta e preservare un “paradiso terrestre” o continuare sulla strada della distruzione e condannarsi a vivere in un “inferno” ambientale. Questo grido d’allarme non è solo una denuncia, ma un invito urgente alla riflessione e all’azione, sottolineando che c’è ancora tempo per salvare la bellezza naturale, ma il tempo per agire si sta rapidamente esaurendo.