
Gli incipit di Cesare Pavese
Cesare Pavese (1908 – 1950) era un maestro nell’agganciare il lettore. Vi lascio qui sotto alcuni esempi:
Dal cortile di cemento un giovanotto a gola tesa. Gridava al terzo piano di ombre e sprazzi di luce: «State tranquilli, sono disoccupato!»
Di tutta l’estate che trascorsi nella città semivuota, non saprei proprio cosa dire.
Di quel ch’ero non resta più niente: appena uomo ero ancora un ragazzo.
Avete notato che tutti gli esempi iniziano con una preposizione semplice o articolata? Questo modo di iniziare porta il lettore a procedere ancora un po’ per capire di cosa si sta parlando. In pratica questo incipit costringe a una lettura attiva, questo perché l’enunciato principale si trova a fine frase. Inoltre iniziare con una preposizione, dà un taglio ambiguo alla frase che incuriosisce il lettore.
Utilizzare come modalità stilistica l’immagine principale a fine frase, porta al permanere di questa “fotografia” nel nostro immaginario. Cosa pensiamo del ragazzo che tranquillizza qualcuno perché è disoccupato? Cosa pensiamo di qualcuno che era appena diventato uomo, ma invece era ancora un ragazzo, quindi ingenuo e sprovveduto, ad esempio?
Altro elemento in comune tra questi incipit è che l’immagine a fine frase crea azione: tutte le storie si muovono grazie ha qualcosa che resta in sospeso e che è direttamente connesso con l’aspettativa per ciò che accadrà dopo. Questa aspettativa è incentrata su un possibile conflitto interiore o esteriore.
Ecco che grazie a questo impatto dinamico fatto di contrasti, emerge che lo scrittore ha davvero qualcosa da raccontarci. Prima della storia è l’autore stesso che entra in scena. Sì, perché Pavese con questo stratagemma tocca subito le corde emotive del lettore, per poi portarlo a stare a guardare cosa vuole raccontare in merito.
Come avrete ben compreso, Pavese utilizza ogni particella del discorso in ogni sua sfumatura, e non solo per accompagnare il lettore nel proseguo della narrazione. Continuando a leggere uno qualsiasi dei suoi racconti scoprirete che in realtà il suo stile non è solo linguistico e che a livello narrativo ha lo scopo di avviare anche una lettura su più livelli.
Articolo a cura di Antonella Di Moia