
“Inspered by the people”, la mostra degli sguardi di Stefano Lotumolo
Stefano Lotumolo ha dedicato anni a scattare fotografie in giro per il mondo, dando vita alla mostra “Inspired by the people”, che sarà visitabile gratuitamente dal 5 al 30 giugno presso il “Centro Internazionale di Fotografia”, sala Letizia Battaglia, situato, a Palermo, all’interno dei “Cantieri culturali della Zisa”. La mostra comprende 129 fotografie. Sponsor della mostra il “Tuareg tour operator” rappresentato da Vincenzo Lo Cascio che ha voluto fortemente la presenza dell’artista a Palermo.

Stefano Lotumolo nato a Lucca il 10.07. 1987, vive ora in Sardegna. Nel 2017, durante un viaggio in Africa di tre mesi, ha scoperto la passione per lo scatto d’autore, in grado di raccontare popoli e territori. Ha esposto in più di 50 città italiane, tra cui Milano, Genova, Lucca, Bari, Alghero, Olbia, Cesena, è stato ospite per due anni di seguito al TTG di Rimini, e New York al ‘Feature Shoot Emerging Photography Awards’ 2021. Ha esposto a Roma alla FAO per la Giornata Mondiale del Suolo 2022.Ha vinto vari premi nazionali e quest’anno ha ricevuto il prestigioso riconoscimento internazionale del “Photo Travel Award” di “The Independent Photo”. Stefano, inoltre, è Presidente di una giovane associazione di promozione sociale, ‘Radici Globali’, che ha come obiettivo quello di rigenerare il suolo in zone soggette a mutamenti repentini dovuti al cambiamento climatico, preservando le radici culturali delle popolazioni oggetto del loro intervento. Attualmente i progetti sono concentrati nel nord della Tanzania a supporto delle comunità Maasai, divenute per Stefano una seconda casa.
“Inspired By the People” è il primo progetto fotografico dell’artista : sei anni di fotografia in giro per il mondo per mostrare la sua visione della bellezza racchiusa nella vita quotidiana di altri esseri umani con differenti usi e costumi. Stefano ritrae la semplicità di etnie ancorate a tradizioni ancestrali, focalizzandosi anche su tematiche attuali, come la crisi climatica e la rivoluzione in Myanmar.
L’artista utilizza la fotografia per raccontare storie di persone comuni che, pur vivendo in contesti molto diversi, condividono esperienze umane universali. La sua opera vuole essere un ponte tra culture diverse, mostrando come la bellezza e la dignità siano presenti in ogni angolo del mondo, nonostante le difficoltà.
Ma lasciamo che sia l’artista stesso, attraverso una intervista, a spiegarci il senso della mostra
Quale significato racchiude il titolo della mostra “Inspered by the people”?
Il significato delle parole del titolo consiste proprio nella fonte di ispirazione che sono riuscito a trarre dalle persone che ho incontrato durante i miei viaggi.
Come nasce la sua passione per la fotografia?
Nel 2015 lascio il mio porto sicuro alla scoperta di me stesso recandomi in Africa, portando con me una piccola attrezzatura fotografica. Ma non ho mai pensato che tutto ciò che ho realizzato un giorno sarebbe diventato, in così poco tempo, un percorso in cui le persone si sarebbero potute immergere ritrovando se stesse. La passione per la fotografia è un dono che mi sono ritrovato viaggiando, una sorta di percorso naturale che nel tempo mi ha portato ad adeguarmi a situazioni e realtà appartenenti a persone con abitudini e costumi totalmente diversi dai nostri. Tutto questo mi ha arrecato una immensa gioia. La passione per la fotografia per me è quindi di vitale importanza… è come respirare. Inoltre mi ha permesso di aprire gli occhi sulla società in cui ci troviamo a vivere. Noi, infatti, assumiamo spesso un atteggiamento ingiusto quando cerchiamo di prevaricare su tutto e su tutti. C’è tanto da imparare da questi popoli umili che invece vivono in assoluta semplicità, a stretto contatto con la natura.
Quale messaggio vuole offrire attraverso i suoi scatti fotografici?
Viaggiando in Africa, in Tanzania e non solo, Costa d’Avorio, Sud -est Asiatico… ho cercato di fare emergere le problematiche di questi popoli, prima tra tutte, specie in Tanzania, la scarsità d’acqua. Abbiamo creato anche una piccola associazione “radici globali” attraverso cui siamo riusciti in due anni a costruire una piccola rete idrica. Poi ognuno nel percorso fotografico della mostra può riuscire a vedere ciò che ritiene più opportuno e trovare il proprio messaggio. Ogni foto possiede una didascalia che ci proietta all’interno di un percorso, un viaggio cronologico durato sei anni. Nelle didascalie non c’è alcun riferimento alle mie personali considerazioni. Mi sono mantenuto imparziale proprio per non ostacolare o influenzare il messaggio che ciascuno di noi è in grado di ricevere.
Coinvolto nel ritmo africano, al visitatore cerco anche di offrire un messaggio di natura antropologica che, per esempio, possiamo trovare nelle fotografie dei volti mascherati durante i riti iniziatici e nei tanti stralci di vita quotidiana.
Otre a quelli in Africa voglio anche evidenziare l’importanza dei viaggi in India in cui ho trovato popoli con una spiritualità totalmente diversa. I viaggi, fonte di arricchimento per me stesso e la mia anima, mi hanno guidato verso la scoperta dell’altro, della diversità, troppo spesso trascurata e poco rispettata. Le conseguenze sono i tanti conflitti che affliggono il mondo in questo momento.
Possiamo definire questa esposizione fotografica una mostra di sguardi?
Direi di sì… spesso fotografando mi sono ritrovato negli sguardi degli altri: donne, bambini, guerrieri… sguardi in cui mi sono focalizzato trovando tanta semplicità. Alla fine sono riuscito a realizzare dei veri e propri ritratti. Tutto questo però solo dopo essere riuscito a entrare in sintonia con questi popoli. Con i Maasai in particolare, si è creato un rapporto di fiducia che mi ha permesso di stabilire una comunicazione profonda e più intesa.
Perché ha scelto la Sardegna come luogo in cui vivere?
In questa terra mi sento profondamente a mio agio in contatto con il mondo della natura, con gli elementi che, inevitabilmente, nel corso del tempo abbiamo perso. Uno dei regali più belli della mia vita.
Ci congediamo dalla mostra sicuri di avere appena ultimato un viaggio, un percorso in cui ci siamo sentiti osservati da molti occhi, sguardi più espliciti di tante parole. Persone vive emergono da ogni fotografia, intenti a svolgere con dignità il loro lavoro quotidiano. Dagli scatti emerge la loro qualità di vita più semplice e più povera della nostra ma indubbiamente più genuina nel sentire la ricchezza che la terra e i suoi elementi riescono a offrire a chi sa ancora apprezzarli come un dono.