
“CUM PAVONE SINE PAVORE” L’Arte senza tempo di Ilaria Caputo
Sabato 8 giugno ore 17:30, a Ciminna, presso il “Polo Museale”, Corso Umberto, si svolgerà l’inaugurazione della Mostra Personale Antologica di Ilaria Caputo “CUM PAVONE SINE PAVORE – L’Arte senza tempo di Ilaria Caputo”, curata da Massimiliano Reggiani. La mostra durerà fino al 23 giugno. Orari di apertura: Tutti i giorni dalle 9:30 alle 12:30 e dalle 17:00 alle 19:00, con ingresso libero.
Ecco alcuni stralci del testo critico della mostra che appartengono al curatore Massimiliano Reggiani, “ricercatore dei meccanismi dell’arte”, di origine emiliana ma che vive da tanti anni in Sicilia.

«L’artista palermitana Ilaria Caputo, sicura nella tecnica per gli studi al Liceo e all’Accademia, compie una scelta coraggiosa e concentra nella suggestione classica la maggior parte della propria ricerca. Lo fa consapevole che all’arte occorra un linguaggio di forme già maturo – e apprezzato -per poter esprimere la propria, profonda, riflessione. Palermo conserva ben poco delle architetture romane, sono tracce di pavimenti musivi nella parte più alta e antica della città, ma in compenso ospita un ricchissimo Museo archeologico Regionale, dedicato a Antonino Salinas. Non possiamo quindi immaginare che il legame fra l’Artista e le antiche vestigia sia nato spontaneamente, passeggiando per la città. Palermo, infatti, è una somma di cupole barocche, di scenografiche chiese, di quartieri eleganti sorti nell’Ottocento appena fuori dalle vecchie mura: l’archeologia panormitana, invece, vive ritirata, nelle teche e nei depositi del museo. La chiave d’accesso per l’antico, secondo Ilaria Caputo, può passare anche da un’altra via: una ricerca visiva sulla memoria. Non è un percorso didascalico, mirato alla riproduzione dell’immagine ma una scelta estetica e quindi una risposta, personale e sensibile, ai piccoli e grandi problemi della modernità. Prima di cercare il messaggio, però, guardiamo alla tecnica raffinata e complessa usata dall’Artista. L’innesco di questo rapimento emotivo che porta l’osservatore negli strati più profondi dei propri ricordi è un meccanismo di ricomposizione del vissuto.

Una costante che affiora in diverse opere è la spezzatura del campo visivo in due o più settori che non possono appartenere ad un unico sguardo o, comunque, che vengono liberamente contrapposti. La cultura siciliana dell’abitare, soprattutto nei ceti aristocratici ma con echi anche nelle case borghesi o almeno nelle stanze di rappresentanza, comprende vaste superfici di mattonelle maiolicate o di semplice cemento o alle volte anche di marmiglia che decorano e impreziosiscono i pavimenti. Mattonelle che, una volta recuperate dalle demolizioni, si ricombinano in casuali policromie per proteggere terrazzi, davanzali, muri ciechi o lavelli. Appartengono così intimamente alla cultura isolana da essere divenute un simbolo per molti turisti di questa terra assolata. L’artista coglie la forza di questa interazione, la geometria giocosa dei decori che si guarda nell’infanzia quando il pavimento è allo stesso tempo luogo dei giochi e spazio di fantasia. Ne ripropone il ritmo, lo schema, il fascino, il profumo della cera, il piacere della lucentezza e poi lascia libera l’immaginazione. Affiorano così gli sguardi da un passato che era forse la casa estiva, il parente lontano, un gatto furtivo, il cane da guardia o quello più languido, da compagnia. Anche se, talvolta, la mattonella scompare e la natura morta è una somma di tempi e luoghi diversi, o il decoro diventa per un attimo sfondo al turgore della frutta matura, resta l’idea che la memoria debba essere evocata, che occorra un punto di contatto fra il presente e un passato per arrendersi alla nostalgia.
Vi è la dolcezza del rimpianto in questi lavori, la malinconia di non aver saputo assorbire completamente la spontanea serenità di quei momenti: è quasi un rammarico, ma accende l’animo di passione. Pavimento e sguardo sono già due frammenti scivolati lontani nel tempo, ma pregni di tracce, di emozioni vitali. Immaginare qualcuno che operò la scelta, la polvere del cemento, il lavoro silenzioso del mastro che posò ogni singolo elemento. Poi un susseguirsi di generazioni, di giovani coppie che guardavano progettando le stanze ancora vuote, di bimbi vocianti, di anziani deboli e stanchi. I pavimenti accompagnano lo scorrere del tempo, il camminare del giorno e il riposo della sera. Ad ognuno il proprio ricordo, la suggestione diventa una meccanica del risveglio, un invito a viaggiare indietro nel tempo. L’Artista presenta e svela i momenti del suo passato che diventano così, da personali, collettivi. Allo sguardo dipinto si sostituisce quello della mente e l’osservare diventa un atto comune, di condivisione racconto del singolo passato. È l’onda del presente su cui galleggiamo, ma tutti immersi nel medesimo mare dai cui abissi qualcosa di dolce improvvisamente risale (…)».
Ilaria Caputo è un’artista palermitana nota dunque per la sua raffinata tecnica pittorica e la sua capacità di evocare memorie e suggestioni attraverso le sue opere. E’l’artista stessa a spiegarci, i punti più salienti della sua espressione artistica all’interno della mostra.

Come mai per la mostra la scelta del titolo “CUM PAVONE SINE PAVORE”?
«Il pavone è il mio tratto distintivo che ricorre spesso nei dipinti. E’un animale che ha molti tratti interessanti, tanti attributi positivi. La bellezza del piumaggio è uno di questi. I colori delle piume ci rimandano alla volta celeste, al cielo notturno, alla ruota solare in un certo senso simboli di rinascita e dunque di immortalità. Una bellezza che riesce a prevalere sugli aspetti più brutti.»
Come nasce il suo interesse per la pittura e il richiamo, in particolare, a una certa classicità a cui allude il curatore della mostra?
«L’Arte senza tempo è un aspetto importante della classicità di cui mi sono nutrita. Il riferimento alla classicità consiste proprio in questa ricerca di qualcosa che possa rimanere e perdurare nel tempo. Non a caso il riferimento ai tratti della ceramica, in alcuni dei miei dipinti, allude al pavimento delle dimore antiche palermitane su cui da bambina ero intenta a giocare. Ricordi di infanzia che ho portato con me e espresso attraverso uno stile antico e intramontabile che evoca memorie e immagini che fanno parte del mio passato. La passione per la pittura appartiene anche alla mia infanzia e mi rimanda subito al ricordo indelebile di mio padre, anche lui appassionato di pittura. Proprio per questo, avendo vissuto e respirato da bambina un ambiente in cui la passione per l’arte era predominante, decisi di iscrivermi all’Accademia di Belle Arti in cui mi dedicai alla scultura che abbandonai dopo la laurea per la pittura, la mia vera passione.»
Quale aspetto traspare o vuole che emerga dai suoi dipinti all’ interno della mostra ?

«Mi interessa in generale un’arte che non sia solo espressione della forma ma che riesca a evidenziare un lavoro, un contenuto di introspezione psicologica, nelle figure di donne che ho ritratto per esempio, o attraverso la figura del pavone stesso a cui, come le dicevo, sono particolarmente legata per la sua espressione simbolica e la positività dei suoi colori. In un dipinto della mostra dal titolo, “Uno sguardo dall’alto”, è il pavone che sorvola il labirinto, alludendo proprio alla nostra possibilità di riuscire a guardare le cose dall’alto, da una prospettiva meno chiusa e più equilibrata che ci permette di affrontare al meglio le situazioni che viviamo.»
Dall’intervista è emersa la profonda sensibilità dell’artista nel declinare aspetti importanti del vissuto umano.
Patrocini e Collaborazioni
La mostra è un evento realizzato per “Ciminna Contemporanea” con il patrocinio del Comune di Ciminna, la Pro Loco Sicilia e la Pro Loco Ciminna.