La notte dell’Antimafia di Lucio Luca. Spaccato di una terra dove bianco e nero spesso si fondono
La notte dell’Antimafia è l’ultimo libro di Lucio Luca, giornalista che da oltre trent’anni lavora per la Repubblica; un libro che sta creando grande interesse in un crescendo di incontri e presentazioni con l’autore, le ultime in programma saranno a Mineo 18 maggio e Palermo 19 maggio da Rosa di Stefano.
Lo incontriamo per i nostri lettori
Enrico Bellavia, già dalla prefazione, va giù duro verso alcuni personaggi del suo libro usando termini come “zarina ubriaca di potere, accomodanti i leccapiedi” parla di “lorderie, dunque uno spaccato dell’Antimafia che non fa certo onore a questa parola e ci catapulta subito nel vivo del suo lavoro. Ma ci sarà un qualcosa di positivo almeno verso la fine?
La notte dell’Antimafia racconta la storia per certi versi incredibile di fatti veri e rimarca come in Sicilia, dov’è ambientato il romanzo, nulla è bianco e nulla è nero e i buoni spesso sono cattivi e viceversa. Questa storia, credo, meglio di qualunque altra inquadra cosa sia diventata una certa antimafia in Sicilia. Il lieto fine non c’è nel libro, ma se proprio vogliamo dargliene uno lo possiamo rintracciare nella speranza che dopo la notte ci sia un giorno dell’antimafia. L’unico modo affinché ciò possa accadere è che la legge che gestisce le misure di prevenzione, una legge fondamentale per il contrasto alla criminalità organizzata, possa essere messa in condizione di funzionare al meglio. Togliere i patrimoni ai mafiosi è fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata e fu grazie all’intuizione di Pio La Torre, più di quarant’anni fa, che si è arrivati ad averla a costo della vita di quest’uomo. Quindi l’istituto della legge non è in discussione, ma il suo funzionamento. Ecco che qui si inserisce la Notte dell’Antimafia, in quanto di scandali ce ne sono tanti, oltre al “caso Saguto”, di cui si parla nel libro, ricordiamo il caso dell’ex presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante, un riconosciuto paladino dell’antimafia condannato a 12 anni di carcere, oppure il caso dell’ex presidente di Confcommercio Roberto Helg. Purtroppo tutto ciò ti fa riflettere sul fatto che gli uomini sbagliano, ma se deragliano esponenti importanti dell’antimafia commettendo degli errori grossi si indebolisce l’antimafia stessa ed è inevitabile che il contraccolpo ricada sia sulla società che crede nelle Istituzioni che sul sistema mafioso che ne esce fortificato. Quindi la speranza, cioè la morale di questo romanzo, è quella che appunto dopo la notte ci sia il giorno, che dopo questo clamoroso scandalo. si possa ripartire.
Lei non è la prima volta che racconta accadimenti reali attraverso lo stile narrativo del Romanzo. Come si riesce a trasformare intercettazioni, fatti reali, persino atti giuridici in un romanzo. Come mai questa scelta, tra l’altro ben riuscita, di fondere questi due stili?
Grazie. E’ difficile raccontare fatti reali in forma romanzata, perché mentre in un’opera di pura fantasia puoi spaziare e scrivere liberamente, quando decidi di trasformare in romanzo una storia vera devi attenerti ai fatti. In La Notte dell’antimafia ho dovuto trasporre più storie vere, quindi c’è sotto anche un lavoro di fantasia, perché comunque è un romanzo e quindi qualcosa di mio c’è, ma si deve restare ancorati alla realtà. Bisogna fare un lavoro di preparazione a monte, lo studio delle carte giudiziarie, delle intercettazioni, selezionare ciò che può essere utile nel percorso narrativo, una fase preparatoria cosiddetta istruttoria, che ha comportato diversi mesi di lavoro, e solo alla fine di tutto ciò ho cominciato la stesura. Nell’opera di totale fantasia invece non c’è bisogno di attenersi ai riscontri, o essere attinenti alla vera storia. Lo stesso percorso del mio libro precedente Quattro centesimi a Riga . Questo è’ stato definito un romanzo verità, probabilmente a ragione, perché è un romanzo comunque legato a verità storiche, fatti che sono successi: lo scandalo Saguto e tutto il cerchio magico a lei collegato con imputati amministratori giudiziari, a cui ho aggiunto la storia in parallelo di un imprenditore di successo produttore di un vino di green di qualità in un resort di lusso, e che vede la sua vita cambiare in pochissime ore, ma questo passaggio lo racconto attraverso il figlio, che si ritrova la vita stravolta con gli amici che gli voltano le spalle e tutto ciò che ne deriva.
Da dove nasce l’idea di occuparti proprio di questo caso? La Saguto la possiamo definire una sorta di antieroina, farne la protagonista di un romanzo sembra infrangere gli schemi degli archetipi narrativi. Di solito si predilige l’eroe non il “cattivo” della storia come protagonista.
Come giornalista mi sono occupato di cronaca giudiziaria a Palermo, dal 2007 a Roma mi occupo di altro, ma ho seguito questa storia fin dalla primavera del 2014 quando l’ex prefetto Giuseppe Caruso un anno e mezzo prima che scoppiasse lo scandalo Saguto, fece un’intervista a la Repubblica in cui criticava e segnalava ciò che accadeva alla Sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, facendo anche il nome dell’ avvocato Gaetano Cappellano Seminara amministratore giudiziario e poi condannato anche lui in via definitiva. Questo allarme, che venne lanciato dall’allora prefetto Caruso non venne raccolto subito della commissione nazionale antimafia, anzi accusarono il prefetto stesso di mettere in difficoltà la Sezione di misure di prevenzione e i giudici. Ma come sappiamo, un anno e mezzo dopo è scoppiato il caso. Questa storia mi è sembrata la fotografia di quello che è la Sicilia: la terra dei paradossi di Pirandello e Sciascia. Terra dove nulla è mai quello che sembra, e questa storia la rappresentava. Un fattore importante che aggiungeva spessore a tutto, era proprio il personaggio stesso della Saguto, fino a quel momento una vera e propria icona dell’antimafia, un magistrato integerrimo, un giudice che era stata definita come la pupilla del pool antimafia di Falcone e Borsellino che invece è un giudice corrotto. Incuriosisce questa conversione totale di un magistrato che da esempio di giustizia e legalità improvvisamente cambia totalmente diventando il modello in negativo. Ecco, qui non siamo di fronte a una storia di un “normale” giudice deviato, perché la Saguto ha un passato importante.
La Sicilia ricorre spesso nei suoi libri, lei non abita più qui da circa vent’anni come la vede osservandola da lontano.
Quanto sia legato alla mia terra lo dimostra il fatto che su sette libri scritti, tranne uno ambientato in Calabria, tutti raccontano storie siciliane. Sono nato e ho vissuto per quarant’anni in Sicilia, anche da lontano rimane sempre la linea con la propria terra. Quando si vive in un luogo ci si abitua a quello stile e ci si assuefà anche a quello che purtroppo non funziona, quasi ci si rassegna. Le interruzioni autostradali, i problemi legati al traffico cittadino e tante altre cose quasi non le vedi più. Quando vai via e ti ritrovi a vivere in situazioni di “normalità” presti attenzione e guardi tutto con occhi diversi, e succede che ti arrabbi. Perché pensi alla tua terra al legame affettivo che nutri per lei e che davvero basterebbe poco per vivere se non benissimo ma almeno in modo dignitoso. Perché alla fine è sempre lì che torni, per gli amici, per la famiglia e anche con i ricordi, quando devo scrivere un libro ad esempio è la che vado con il pensiero. La distanza è solo una questione di chilometri.